
Fausto Melotti ha scritto – non ridendo mai – una linea lunga e continua. Questa linea ricade nel campo diaristico segreto, autobiografico.
La conduzione della trama resta affidata a molti spazi bianchi, sempre pieni. Le improvvise poesie affiorano qua e là, scompaginando la spinta narrazione.
Partendo dall’assunto che “ogni parola detta è una commedia”, Melotti mette in piedi la feroce ragione della fantasia, apre il tabernacolo-canone e trova briciole di idee fruste.
Capiamo bene trattarsi di un libro familiare, rigato di salti nel vuoto, semplice, scritto da un intruso.
La ferula dell’interpretazione, al riguardo, è, tuttalpiù, zuccherina retorica, soperchieria.
“L’arte non rappresenta, ma trasfigura in simboli la realtà. Il trompe-l’oeil e la pop-art sono rappresentazioni. Lo choc può essere una partenza, ma l’arte è un viaggio. Se io leggo un fumetto con un telescopio, se porto il lavandino in salotto, se mi taglio la testa e la poso sulla sedia, provo uno choc, ma tutto si ferma lì, quando il discorso dovrebbe avere inizio.”
“Se questi critici fastidiosi la smettessero di dirci che i valori dell’arte hanno fatto la svolta capitale il giorno in cui il professore X ha stabilito che i veri clercs si soffiano il naso nel cotonaccio.
E quei non meno uggiosi sassofoni che invitano tutti ad amare il nonno.
Cose che finiscono nelle mescite d’arte e sulle panche delle conferenze.
L’arte se ne va per conto suo e i professori i critici e i mercanti per conto loro.”
Questo romanzo-fiume possiede il dono del dire breve. Tra le fitte pagine c’è una verità; ed è talmente inutile, scontata, in quanto verità, che ci si chiede a cosa serva un libro.
Eppure, la luce spesso non fa luce.
Quando l’autore lascia andare per l’aria i suoi personaggi, ecco che, allora, dal pastone risale:
“Stupido amore della materia. L’arte non nasce plasmata o forgiata o compressa sotto vuoto; come Minerva nasce dal cervello.
Molte opere d’arte conclamate si rivelano nate da un’idea artigianale, tutta prevedibile.
Un muro invalicabile, il muro della poesia, preclude la cittadella dell’arte. Lì dentro le idee passeggiano nude.”
Il passo di Melotti è strutturato, quasi aforistico, solido. L’essenziale – che si dà come informe o nasopercepito – frantuma il genere romanzesco e lega alla determinazione carceraria aforistica.
Perciò viene a noia; il lettore romanzato presente dove si andrà a parare.
Melotti non ha scritto.
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