[La querelle estiva del 2011 e’ sui coetanei impegnati in un nuovo movimento, questa volta espressamente politico prima che letterario: un “sindacato dei lavoratori della conoscenza” chiamato TQ o TrentaQuaranta. Si vorrebbe di sinistra ma ha un manifesto semanticamente liberista, come osservato dalla professoressa Valeria Pinto. Se ne sta discutendo soprattutto su vibrisse, perche’ Giulio Mozzi ha concesso un’inattesa apertura e vale dunque seguirne l’evoluzione. Io sono molto meno impressionato e spiego sotto il perche’. Buon agosto a voi. GiusCo]
Le competenze sono skill acquisibili con lo studio (e infatti sono largamente inflazionate, oggigiorno), mentre il talento e’ un asset individuale bisognoso di crescita, assistenza e sviluppo in rapporto 1:1.
E’ tipicamente di sinistra omologare i profili individuali per scopi di lotta di classe, dunque TQ e’ giustappunto di sinistra come movimento politico / sindacato che si pone a difesa di un gruppo di persone che possiedono un certo tipo di competenze, contrapposte alle logiche del turbomercato. Questo, ben prima di discutere degli eventuali talenti individuali, che spessissimo a sinistra vengono emarginati quando non funzionali allo scopo di classe. Qui e’ la repulsione mia e di tanti altri all’ “ideologia” che Binaghi, buon ultimo e con lucidita’, ha denunciato nel colonnino sotto.
Chi ha un’altra concezione della vita e della societa’, diciamo liberale (ce ne sarebbe una terza in Italia, cristiana, ma e’ roba di Mozzi e Binaghi), ritiene discriminante il talento, perche’ le competenze sono acquisibili in un certo tempo da parte di tutti, mentre il talento ce l’hai o no, e purtoppo ce l’hanno in pochi. Ragionare sul talento, insomma, scopre il vaso di Pandora di ogni aggregazione, perche’ ovviamente tutti credono di esserne piu’ dotati degli altri ma all’atto pratico, naturale, alcuni ne hanno di piu’: Bolt corre piu’ veloce di Powell e Tyson Gay; Abeni e Guerneri traducono alcuni poeti di ambito anglofono meglio di me; Mozzi e’ un editor piu’ accurato e consapevole di X, addirittura capace di porsi come “libero professionista” potenziale in questo tipo di mercato; e cosi’ via. Questo e’ il fondamento della societa’ liberale.
Ecco che allora il mercato, quando funziona, interviene a trattare le persone in base al talento e alla disponibilita’ delle risorse (perche’ di un milione di editor competenti non sappiamo che farcene, ce ne servono al massimo mille ma buoni). E qui si chiude il nodo posto dalla Pinto: cosa ci fa un movimento di sinistra con un manifesto di lessico sostanzialmente in alveo pienamente liberale? Qui dovreste lavorare, perche’ qui matura il corto circuito tutto italiano della malafede: quello di pre-sumere che cerchiate pedine, soldati, emarginati e poveri veri che aderiscano al vostro movimento per far si’ che voi capoccia vi godiate la rendita contrattando migliori condizioni per voi stessi: spazi sui giornali, spazi in case editrici piu’ grandi, spazi da direttori di collane meno scalcagnate, ecc., in nome del numero di pedine che portate al banchetto (cioe’ di copie vendute, partecipanti ai corsi, ecc. ecc.). Questa, regolarmente, e’ la prassi della sinistra italiana degli ultimi trent’anni e il TQ, da come e’ nato e da come si inizia a muovere, non sembra modificare il seminato.
Poi arriva Mozzi, la variabile di talento (oltre che di competenze specifiche) e di diversa ideologia a spiazzare queste logiche abbastanza trite, prevedibili, concedendo un avallo che divide gli stessi fondatori. Al che noialtri esterni, liberali e talentuosi, compriamo il popcorn e ci mettiamo a guardare.