Ha’ rapiri l’uocchi! – Angelo Rendo

Ti si chiede soltanto di aprire gli occhi. Che cosa ti pare? Di compiere quest’azione che non costa nulla. Dormi, sta’ tranquillo, quel che ti si chiede è di svegliarti prima che sia troppo tardi. Non può venirti difficile aprire gli occhi.

(È una glossa alla luminosa espressione dialettale del titolo, che determina sbigottimento e radura. Se, per esempio, un uomo dice al proprio figlio di andargli a prendere le pantofole nella stanza da letto e il figlio non perde tempo nel mostrarsi ritroso, e rispondergli Miih, ma che stanno sotto il letto, sparse? Come fossero cento! Ecco, in quel frangente, l’uomo sarà costretto a confortare il figlio, e ad incitarlo, o a maledirlo, o a mandarlo a quel paese: Ha’ rapiri l’uocchi!)

L’incognita che manca – Angelo Rendo

Questa lamentazione – nata intorno all’Amaca di Serra del 20 aprile – scemerà, è già scemata; perché è scema l’una, e più scema l’altra. E occhio nemmeno per l’oziosa e gongolante amaca.

Se una passatina merita questa futile, cenciosa e putrida querelle, è appunto per dimenticare di aver attraversato del torbido materiale di costume.

Un discorso di alta sensibilità, piuttosto, dovrebbe sfondare il diaframma del fenomenico espettorante ‘verità’, nient’altro che ‘proporzioni’, ‘frazioni’, realmente. E tenersi lontano dal noto, e dal tono che assegna a ciascuno il proprio per cultura.

Professionale : Terra = Liceo : Cielo.

Tutta la gagliardia dell’Homo Sapiens è in questa riduzione: nella scomparsa meraviglia, nella proporzionalità del creato. Nell’incognita che manca.

Il vicesindaco di Chiamparino – Angelo Rendo

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Oggi è passato a gasarsi il vicesindaco di Chiamparino, ormai abita a Marina di Ragusa, è un pensionato. Tra una cosa e l’altra, non riuscendo a capirsi cosa fosse cosa e cosa fosse l’altra, a bruciapelo mi ha chiesto Lei è residente a Ragusa? No, a Scicli, questa landa è territorio di Scicli, peraltro. No, gliel’ho domandato perché sono in lizza per le Comunali di giugno a Ragusa. Ah, e con chi? Con una lista civica di Centro Destra. Ho capito. Lei ha già fatto politica, quando stava a Torino? (La volta precedente mi aveva rivelato di essersi da poco trasferito nel loco natio, a distanza di cinquant’anni, e di aver pure comprato casa. Un’occasione. Quindi, via, dopo aver messo cinque euro, con la sua Delta d’antan, la sua signorina, lui tutto impomatato.) Sì, sono stato vicesindaco di Chiamparino. (Chissà se durante il primo o il secondo mandato.) Ah, ora è migrato verso altri lidi. Sa come siamo noi politici, cambiamo facilmente bandiera.

Visita a Gesualdo Bufalino – Angelo Rendo

Fu agli inizi del nuovo secolo che mi saltò in mente di far visita a Gesualdo Bufalino. Non lo trovai.

Al cimitero di Comiso lo trovai, questo grandissimo scrittore, circonlocutivo e antifrastico. M’ero fatto 35 chilometri, ché tanto dista Comiso da Scicli, per non portare nemmeno un fiore, per non poter dire nemmeno una parola.

Ricordo di aver chiesto, stranito, al custode dove fosse la casa di Bufalino, e che di fretta mi diressi per il vialetto indicatomi. Mi pare girai a sinistra e che, prima di vedere Gesualdo Bufalino, vidi in basso Gesualdo Bufalino. Il nonno.

Due cose mi colpirono. La prima che i due Gesualdo avevano preso dimora entrambi a 76 anni, e la seconda l’epitaffio del nipote – del quale già sapevo – HIC SITUS LUCE FINITA. Ca n’attocca, quannu chiurimu l’uocchi. Mi parve inutile, ma formalmente ineccepibile, un ‘uno due due tre’ da chapeau. Non portavo cappello.

Su una partita vista ma non sentita – Angelo Rendo

Ho tremato a vedere la Juve vincere a Madrid. E nulla ho sentito per un’ora e mezza. Fotogrammi muti e minacciosi sono passati sul mio smartphone. Non un’azione persa. Trame, gambe alfabetiche, segni e punti anonimi, lucide e pure visioni di gioco.

Su questa stessa brace – pensavo – arde la poesia: nudi, muti e sordi assistiamo a un evento, che sembra non ci riguardi, che solo accade, e che mai ci riguarderà, così chiuso nella sua purezza, nella sua scatolina di luce.

Il male – Angelo Rendo

Si può credere a tutto, è bene dunque si creda anche a questo. Che sia un racconto dubito, è finto, più vero di quel che scriverò, e farei del male all’autore, lo richiamerei in vita, se dicessi che non è vero. Ma che non sia più è certo? Ed è vero che disse quel che disse, se, pur essendo passato, non visse. E chi lo conobbe ne ebbe come beneficio il racconto, l’aneddoto, la follia travestita da legge? Arrivava sempre per primo, e bisognava nascondersi. Non lui, che ereditò il privilegio del male.
Si racconta che nel chiuso della sua stanza presidenziale dicesse di provare inquietudine, di stare male quelle magre volte in cui non riusciva a lasciare agire il male, i suoi grossi malefici contro le sponde silenti dell’intelletto nudo. Stava male, si sentiva male, aveva giramenti di testa, trasalimenti, quando chiudeva la giornata senza far male a nessuno.

Felix Vallotton – Angelo Rendo

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Un uomo che porta per cognome Vallotton – e per giunta Felix fa di nome – avrebbe potuto rinunciare all’arte e stare al cognome, prendersene cura, frenarlo, accarezzarlo, badare a che gli spigoli e le punte alte non forassero nella caduta i corpi bassi e tondi. Perché astenersi? Perché Vallotton sfonda: una galoppante forza della natura.