Guarda*, cinematografara Giacinta,
guarda bene quel che ha per naso l’elefante.
Guarda quel di cui abbiamo bisogno per sederci,
guarda la casa immensa che occupa colui che
(chiamiamo re.
Guarda questa faccenda del dormire, alzarsi,
(dormire e alzarsi,
guarda la donna e l’uomo che contrattano di non
(separarsi mai,
guarda il farabutto, signore del nostro globo,
guarda come il fiore tenero spunta dal suolo duro,
guarda come dal legno degli alberi
nascono commestibili aromatici.
Guarda come dal cielo puro ci arrivano
acqua, fulmine, luce, freddo, calore, pietre, neve.
Assurdo e mistero* in tutto, Giacinta
José Moreno Villa
Stimolo e trabocchetto dell’intellettuale è l’ambizione. Se guardo le dita raspose e le unghie a lutto delle zampe palmate che mi ritrovo per mani, considerarmi un intellettuale è un po’ azzardato. Occuparsi di Duchamp però non sfugge a un sospetto di ambizione, visto quello che è diventato agli occhi di tutti: non c’è testo d’arte visiva che non lo citi e spesso anche chi parla di musica o di letteratura fa riferimento a lui. La frase che si sente più spesso è che con lui bisogna fare i conti.
Facciamoli allora, una buona volta, anche se rischio di trovarmi sul lastrico.
Anche in questo non mi sento un intellettuale: odio le ghette di nonchalance con cui gira in mezzo ai mostri sacri senza mai osare discuterli. Preferisco essere tacciato di presunzione o di superficialità, preferisco sbagliare che sentirmi un pusillanime.
Nel mio caso il pericolo del trabocchetto è grande, perché confesso poco interesse per l’analisi verbale e l’equilibrio critico mi difetta. Ma la figura Duchamp mi sfida e non tanto come intellettuale quanto come operatore d’arte visiva. Anzi per la precisione a sfidarmi non è la sua opera; è soprattutto la mole di letteratura che lo ha accompagnato in vita e che gli è stata dedicata in seguito. Se Duchamp non fosse diventato un mito e se a fasi ricorrenti, che più o meno coincidono col volgere al freddo del barometro delle mode dell’arte, questo mito non venisse rispolverato e non rimpolpasse quella mole, non sentirei affatto il bisogno di occuparmene: la mia è semplicemente legittima difesa.
Quanto all’ambizione, ci si creda o meno, ho solo quella di continuare a fare il mio lavoro in perfetta autonomia, senza venire travolto dal duchampismo dilagante.