In silenzio, gentili e accoglienti gli uni gli altri, i liberi disegnatori della Santa Rosa – la libera scuola di disegno fondata nel 2017 a Firenze da Francesco Lauretta e Luigi Presicce, ieri a Siracusa, domani altrove, quasi sempre a Firenze, e che tanto lustro sta dando al panorama artistico italiano edulcorato e dopato – siedono e disegnano. Non vogliono sentir nulla. Il loro è un ufficio immancabile, ad elevata dipendenza. Si guardano negli occhi, si lanciano sguardi di sottecchi, o furtivi, o aperti. Ognuno col proprio segno. Veloci, nervosi, trattenuti, lievi, sfumati, delicati. Raffigurano a vicenda se stessi, o qualsiasi altra cosa cada sotto i loro occhi, disanimata.
Un miracolo. Ad aleggiare non v’è alcuno spirito, come ci si aspetta che sia scritto, ma la noncuranza della gratuità. L’involucro che ci avvolge si disfa in segno e avanza inesorabilmente verso la sua fine. Il fine del disegno.
Come esempio porto “Angelo che mangia” di Francesco Lauretta. Mangiavo erbe del campo, o fiori, o merda? Il calice dell’eterna alleanza sembrerebbe esser pronto a raccogliere quella spessa e sospesa materia. Tra il sentire e il dire passa l’escrezione, la primaria e più risoluta forma d’arte.