DISEGNO COME ESCREZIONE – Angelo Rendo

In silenzio, gentili e accoglienti gli uni gli altri, i liberi disegnatori della Santa Rosa – la libera scuola di disegno fondata nel 2017 a Firenze da Francesco Lauretta e Luigi Presicce, ieri a Siracusa, domani altrove, quasi sempre a Firenze, e che tanto lustro sta dando al panorama artistico italiano edulcorato e dopato – siedono e disegnano. Non vogliono sentir nulla. Il loro è un ufficio immancabile, ad elevata dipendenza. Si guardano negli occhi, si lanciano sguardi di sottecchi, o furtivi, o aperti. Ognuno col proprio segno. Veloci, nervosi, trattenuti, lievi, sfumati, delicati. Raffigurano a vicenda se stessi, o qualsiasi altra cosa cada sotto i loro occhi, disanimata.
Un miracolo. Ad aleggiare non v’è alcuno spirito, come ci si aspetta che sia scritto, ma la noncuranza della gratuità. L’involucro che ci avvolge si disfa in segno e avanza inesorabilmente verso la sua fine. Il fine del disegno.

Come esempio porto “Angelo che mangia” di Francesco Lauretta. Mangiavo erbe del campo, o fiori, o merda? Il calice dell’eterna alleanza sembrerebbe esser pronto a raccogliere quella spessa e sospesa materia. Tra il sentire e il dire passa l’escrezione, la primaria e più risoluta forma d’arte.

Serenate – Angelo Rendo

Cifra del nazionalpopolare, Cutugno contiene tutte le voglie, abbraccia tutti i facitori di layers – dai più intellettualmente saturi ai più sentimentali, dai più arguti ai più sottili militanti d’apparato – fa cantare polli, fagiani, pavoni e galli.

‘Bella ciao’, invece, non è una serenata per pensionati. Che la si distorca cognitivamente, non fa che abbassare i profili istituzionali. In tal caso, la memoria dell’antifascismo presta il fianco alla propaganda preelettorale. E ci rende capponi tutti. Italiani veri. Brividi.

La ‘voce piccolina’ di Dente – Angelo Rendo

https://youtu.be/LiKMEWzLips

Dente – al cui concerto ho assistito domenica 6 agosto a Scicli, presso Villa Penna, insieme a poco più di 200 persone – non ha da strappare nulla al deserto, ha radici ben piantate nell’aldilà cosmico. La sua scrittura è ‘andata’, inestirpabile, inadeguata. Sornione come un gatto, sul palco appare disilluso, incredulo, gentile e misurato. Una furia esangue dalla erre moscia. Guarda dall’alto la folta milizia giovanilista che ammorba sopra e sotto i palchi indie italiani. Che sia di culto e che parli d’amore e faccia svenire le ragazze è discutibile. Indiscutibile è con quale grazia lo faccia.

https://youtu.be/F6mFbSGo7Fw

A man – Angelo Rendo

 

Viene da Mazzarelli (Marina di Ragusa). E, quasi tutte le volte che lo servo, sembra in tour promozionale.
È pensionato, fino a un paio di anni fa aveva le serre, produceva pomodori. Da giovane in America e dall’America le canzoni: Elvis su tutti. Degli italiani ha Celentano nel cuore, ma anche Mal e gli americani che cantavano in italiano.

Oggi, ha presentato ‘Little Man’ di Sonny and Cher (sì proprio lei, col suo primo marito), canzone portata da noi al successo da Milva col titolo di ‘Piccolo ragazzo’. Piccola nazione.

Per tutto il tempo che dura il rifornimento, sportello e finestrini del suo mezzo rimangono aperti. Gode a spandere a volume altissimo la sua musica, il suo verbo.

Io gli chiedo della sua passione, lo ascolto. Contenti e rintronati poi ognuno per la sua via.

L’affaire Zappa – Angelo Rendo

Nel 1982 Frank Zappa tenne un concerto a Palermo, e per l’occasione visitò Partinico, luogo di origine del nonno e del padre; il concerto durò solo venti minuti a causa degli scontri tra polizia e spettatori all’interno dello stadio, originatisi da una errata disposizione del palco: la gradinata distava troppo e gli spettatori si risolsero ad avvicinarsi scavalcando la recinzione.

(Successe l’iradiddio.)

Ma pochi sanno, anzi credo nessuno, che il grande musicista fu anche a Scicli. Era il mese di luglio, in Spagna si giocavano i mondiali di calcio, e a Scicli Zappa arrivò per uno strano motivo. Nessuno ha mai saputo di cosa si trattasse, per quanto qualcuno si sia azzardato a sostenere che Zappa fosse venuto a trovare un vecchio amico del padre di origine sciclitana e alla cui mensa da adolescente, a Lancaster, aveva assaggiato un piatto tipico sciclitano, il “Pastizzu ri ciurietti” (“Pasticcio di cavolfiore”).

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In effetti, riportando alla memoria una foto di archivio – in alto a sinistra nel nostro collage – vero è che Frank regge con un forchettone una matassa di spaghetti – a dire il vero appare abbastanza schifato – mentre in basso a sinistra lo vediamo ritratto in occasione della sua toccata e fuga a Scicli. Ma questo cosa significa? Significa che ama il cibo italiano alla follia? Significa che la gola ha fatto tanto? Ma soprattutto siamo sicuri che sia lui quello in basso a sinistra??

Non sappiamo da dove provenga Zappa con quella padella bisunta contenente poco più di mezzo pastizzo a cui dan man forte dei medusei spaghetti (altro e fondamentale ingrediente del ripieno del pastizzo).

Forse che scappava dalla baldoria, che i pastizzi se li stessero tirando faccia faccia, o che lui stesse per riservare un pezzo di pastizzo a uno del suo entourage? Boh. Lo sguardo è, però, vivido e atterrito.

Fatto sta, infine, che siamo in estate e l’abbigliamento di Zappa risulta di certo non adeguato, camicia a jeans e giubbotto di pelle.

La scena è poco chiara, ma il pasticcio è tutto per Zappa!

“Truffles” – un film di Santi Spadaro

Santi Spadaro, matematico puro, già collaboratore di Nabanassar, ricercatore di stanza a Sao Paulo, ritorna con uno short film: “Truffles”. Interpreti: Maria Chiara Spadaro e Davide Parisi.

[Per i sottotitoli: cliccare sul secondo simbolo (rettangolino bianco) in basso a destra e selezionare l’italiano]

Ode a lato #2 – “Wittgenstein” di Jarman per fiori e lacerti – Dario Vanasia e Angelo Rendo

Partiamo da questa affermazione di Wittgenstein in punto di morte: “Mi sarebbe piaciuto scrivere un libro di filosofia fatto solo da scherzi, ma non ho humour.”. E qui rimaniamo per un po’, il tempo di “degenerare dal genere”, macro e micro, iconoclasta e fatalmente intellettuale. Concetti percepiti solo nel novero dell’intellettualità che l’estemporaneo annichilisce. In sette, otto puntate – a cura di Dario Vanasia e Angelo Rendo – riproporremo per lacerti e fiori “Wittgenstein”, film di Derek Jarman del 1993. Una rilettura lirica laterale.