Love Will Tear Us Apart (“L’amuri ni cunsuma”) – Angelo Rendo

[“Vedo la gente Joy Division” è una pagina arguta e intelligente, una pagina che sfocia nel merchandising.

Cosa è successo? È successo che il singolo (“Love Will Tear Us Apart”, 1980) più famoso dei Joy Division è stato tradotto in svariati dialetti d’Italia, passando anche la forca del latino e del greco antico. La situazione è degenerata, e ne è venuta fuori una cosa simpatica.

Io ho contribuito con la mia in dialetto sciclitano. Il siciliano non ha futuro.]

https://youtu.be/zuuObGsB0No

L’AMURI NI CUNSUMA

Quannu ‘a vita ni runa ka mazza
e nun avimu chiui pititta
e ‘u maluppilu n’ancupuna

a stuppagghiu

canciamu.

Pigghiamu strati diversi
cuomu facimu e facimu
l’amuri ‘u stissu n’ammazza.

Pirchini l’arcova eni cussì fridda?
Ma mi rasti ‘i spaddi??
Comu ‘a fazzu e fazzu è tinta,
mancu ni cacamu chiui?
Na mentri ancora ni facimu
sagnu na scurra ‘i rintra.

‘St’amuri ‘st’amuri ni pizzìa.

Ietti uci no suonnu e dici
ca sugnu persu?

‘U sacciu iu chi agghiu na ucca
cuomu ‘a risprazioni mi linzìa!

‘Sta cosa è truoppu bona
funonzia ma iu unni

Sogno?

Quannu si rìcia l’amuri,
l’amuri pî chieca?

Cattivi Cristiani – Angelo Rendo

Mi è rimasto questo ragazzo, gli altri due lavorano. Ci vuole fortuna – prima il padre poi il figlio ripetono senza sosta.

Entrambi a piedi – pur essendo venuti in macchina – i loro due destini disallineati rispetto ai destini degli altri due, e in ispecie rispetto al destino del figlio che a Milano ha preso per giunta anche moglie, e ricca.

Quanto più mi inabissavo nei loro gironi di vuoto, tanto più risalivano i due figli lontani. Mi ammonivano: questi due cretini pensano sia tutto uno scherzo. A non aver mezzi per riconoscere la finitezza, questa è la fine. Cretino il padre, cretino il figlio rimasto. Cattivi cristiani.

Scomparse – Angelo Rendo

A Scicli, ieri, nel tardo pomeriggio, una vecchina, nello spazio affissioni di Via Galliano – l’ampio slargo che dà aria al Corso Garibaldi e riannoda al centro tramite via Bixio – armeggiava con una fotocamerina dinanzi a una carta da morto, cercava di metterla a fuoco. Indugio con la macchina, fino a che non vedo la sua veste farsi nera e fumare dall’orlo inferiore. Ora. A Plaja Grande, al bar Fidone, da questa parte, avvisto una donna. Passo dall’altra parte. Assai chiomata, chiusa dentro occhiali scuri, rifatte le labbra, rifatto il seno, prorompente, slanciata, con tacchi e risibile pareo. Nuda, all’in piedi, all’ingresso. E uno sciame di api liberamente si avventa. Non si può guardare. Assisto alla suzione del cadavere.

Sciocco e luminare – Angelo Rendo

Ma com’è che mi rompe i coglioni, chiamalo, fallo scendere – così grida dal rifornimento Gpl al collega benzinaio sotto, lo sento distintamente.
Sono le 7:00. E io sono sulle scale, diretto dall’altra parte. Si apre alle 7:00. Attraverso la strada e, mentre mi avvio verso la porta del gabbiotto, il cliente mi apostrofa Ci dobbiamo alzare prima la mattina. Non è che, se vuoi, non puoi andare anche da un’altra parte – rispondo. Sono le 7:01, non le 7:15 e nemmeno le 7:30. Ma che discorso è, così è?! Indispettito, scosso e nero svita il raccordo e risale in macchina e parte a tutto gas.
Non spacco il minuto, la puntualità non è il mio forte. Di solito apro sempre fra le 7:00 e le 7:10. Anche perché a quell’ora non passa mai nessuno, tranne, di tanto in tanto, questo raffinato.
Le reazioni scomposte, le parole sbagliate non sono il mio forte, feriscono l’amor proprio e per giunta perdono il cliente. Danno fuoco alle carte, ristabiliscono il disordine. Non sopporto né la parola sciocco né la parola luminare, pur essendo dall’una e dall’altra ammorbato.