Appunti dal buon senso senza senso (99) – Angelo Rendo

Stavo leggendo.

D’un tratto mi son chiesto: sto
leggendo? O indugio al centro

il tempo di scordarmi.

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Uno, uno solo non esiste,
quando inizi la scala:
ogni gradino un aneddoto
sulla cafoneria.

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Non c’è nulla di più impenetrabile della tecnica.

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Che la poesia venga prima dello zero
tagliata.

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Tutti questi storici che raccolgono scontrini per meglio condannare la Storia.

Appunti dal buon senso senza senso (98) – Angelo Rendo

Dal signorile smarrimento, dopo l’acquisizione dei titoli d’onore, vennero sette corpi dentro una campana, al cui vertice stava un nodo rosso, e da esso, a cascata, funi anch’esse rosse, pregne d’acque argentine sparse su terre dagli stessi colori ma di forme geometriche inappellabili.
Bisognava leggere dentro il viola, che contornava la vetusta incoscienza del rombo, ma nulla lettera veniva fuori, mentre la testa, circuita all’interno di un appezzamento rettangolare di fuso liquido vitale, era in angoli liberi e senza colore.

Appunti dal buon senso senza senso (97) – Angelo Rendo

Si girava a sinistra e a destra, tenendo gli occhi bassi e svuotando il petto dal respiro, la vaga figura di liquido denso biancogrigio, e diceva tra sé: “È tutta una minchiata, un colpo che risale alle tante parole sentite e lette. Si para se la testa è fatta per combattere.”

In gioventù la critica porta buoni frutti: quelli dello scadimento a zuffa; nella maturità è il dente del giudizio nato storto. Vecchi ci appelleremo a una irrecuperabile lingua.

Prendi un libro al contrario, passalo al dominio della spada, senza tergiversare bacialo.

Appunti dal buon senso senza senso (94) – Angelo Rendo

Tutto ciò che è corretto è scritto. Perso il contatto, tutto fila liscio. Dimentichiamo di aver scritto e chi ha scritto. Chi ha scritto è chi non ha parlato e chi non ha parlato non ha mai scritto. È detto che chi ha dimenticato sia volato via; ma la mente che sta appresso al detto è falsa più di quanto sia stato corretto all’inizio fare. L’inizio è volontà. E sull’accento vi è posto. L’inizio.

Appunti dal buon senso senza senso (93) – Angelo Rendo

Parla senza nessuno di mezzo, racconta un azzardo: distesa di niente, cosa, sconfinato deserto bianco, cavolo, ma quale opalino cavolo! Tira fuori il sortilegio: fine delle lettere. O del numero vendicatore, distruttore di mondo e mondano credersi libero nella regola, prece e parola, parla.

Una società di modelli, ossificati e colti, impuberi e putrescenti, e allora?

Quandanche volessi dire del mio azzardo, se così lo chiamassi, svanirebbe quel che non so, il nome che mi avete dato e la sostanza aggettivale che copre lo scritto di chiunque questa voce intraprenda a scrivere.

E se proprio devo dirla a metà, dovrò dire che del colpo di dado si dada alla meta.

Appunti dal buon senso senza senso (92) – Angelo Rendo

La gentilezza è un’arma. Spunta da ogni dove, lancia oblique occhiate, aggriccia le labbra, funesta rompe amicizie e stende neri drappi: indice che intima vergogna a cinquanta centimetri dall’occhio destro. E’ la gentilezza, questa, del moralista. Del moralista che crede che al limite estremo della tolleranza ci sia la cancellazione, la gabbia nella quale va a finire difilato chi non risponde ad un suo nobile gesto. L’ubbia di creatura infernale che gioca al ramino, pur di non prendere in mano il fucile. Ecco, tutta questa è brodaglia appresa. Chi impara è un moralista. L’altro è un troll.

Appunti dal buon senso senza senso (91) – Angelo Rendo

Mi muoveva come fossa il cielo, gettato dalla terra sul lido, senza minima contezza di regno.

Chi vuole stilare i caratteri generali di una terra si batte per la storia, madre di ogni ora e sempre risorto canone.

C’è imbarazzo, quasi paralisi a frigore, dinanzi al campo aperto coltivato ad aria.

Il caldo in terra è un’istituzione di ridotte dimensioni se misurato col tempo incurante dell’eternità.

L’aggettivo “grande” ha sempre freddo. Cercate di coprirlo? Riderà, non è un nome.