Le città a basso carico d’umanità – l’umanità ispessita, severa, boriosa da capoluogo di provincia – non accolgono o, se accolgono, disseminano le loro patologie vittimarie lungo l’asse della paranoia. Capita, ad esempio, che il bigottismo sinistro sia assai sensibile alla diversità e pietisca il concittadino.
Che nei piccoli centri si sappia l’uno il nome dell’altro e ci si riconosca fino alla terza generazione pare cosa molesta. Ma la storia della generazione non è manipolabile a proprio uso e consumo, una linea familiare ha un suo portato, e su di esso si gioca l’harmonia mundi.
Così avere a noia le feste di popolo, spesso incarnate in idoli, che sintetizzano e ritualizzano il soffio vitale, significa volersi fare indagatori dell’ovvio, la cui sostanza non sarà mai nelle polle illuministiche dell’ateismo, freddo e baro Narciso, ma ridiventerà qualcosa nel faccia a faccia con la differenza.
Mese: marzo 2016
L’erista – Angelo Rendo
L’erista conduce alla spina bifida della civiltà. Mostra tutta intera la sua dismisura. Lo sguardo volto al filo teso della gerarchia, che sgozza la visione. Coglione di un sofista!
L’arciere
Lo prendo da qui, e lo metto là, dove, in conseguenza del fatto che ‘qui’ e ‘là’ rappresentano luoghi analogici, apprende a modificare il carattere.
Mentre il caso, che sempre tergiversa sul da farsi e pilota le regole, tenta di configurare la coscienza, neutralizzare.
Vincolato doppiamente, persa l’energia, ricorre a quel che ha visto e decide quali prescrizioni verranno a comporre la sua veste definitiva.
Interagendo le differenze, avrebbe dovuto sortire nell’ordine di una nuova mente, e mutare, ma ‘qui’ vige la regolarità e la validazione dell’accelerazione è nascosta appallottolata nel pugno dell’arciere.
L’uomo Dio – Angelo Rendo
Una conchiglia. E un guscio vuoto. Corazzato e con due granate in mano, avvolte in un involucro di carta stagnola. Poi proiettili contro scheletri e carcasse; e la sua ossatura, mal schizzata, uscire fuori dallo schema.
Operetta satirica – John Cascone
[Roma, Teatro dell’Orologio]
Operetta satirica per tre voci in nove figure di John Cascone con Olga Bellardita, Simone Ferrante e Davide Dadamo.
Dei principali termini utilizzati nei comunicati stampa dell’arte contemporanea a Roma nell’anno domini MMXV.
Qui la performance.
Alba Talietti, o del tatuaggio – Angelo Rendo
All’improvviso compare davanti alla porta un uomo: Buongiorno, mi dicissi una cosa dove è Marina di Ragusa? Ah. E il castello di Donnalucata? Donnafugata. Ah. Dice che lì c’è un ristorante e si mangia bene. Ah. E mi dicissi un’altra cosa che c’è uno che fa tatuaggi a Marina di Ragusa, quanto mi ha detto che dista? 5 km. Ah. No, non c’è, per quanto ne so. Si deve fare un tatuaggio? No, me lo devo fare correggere. L’uomo viaggia in camper, è catanese, è panzutissimo e indossa una felpa nera con la scritta “Meglio un giorno da leone che cento da pecora”. Se la tira in alto di colpo: È questo – esclama. Mi lascia il tempo di interpretarlo. Una donna a seno nudo – Alba sta scritto sopra la testa – che lui mi dice essere la Parietti, si mira in uno specchio, girato però verso chi guarda; alle sue spalle un mare slavato e appunto davanti lo specchio, a lato del quale leggo Talietti (“guardati” in siciliano). Se ne va senza salutare.
Quando l’immaginario è nutrito – Angelo Rendo
A esempio quando fa capolino il moralistico “Niente di peggio”, che, al primo comparire sulla punta della lingua – sono gli altri ad accorgersene di solito, a meno che non ci sia la volontà di vedere la volontà e forzare dunque la lingua in avanti – richiama alla mente l’associazione con “di un immaginario nutrito di suggestioni cavate dal cinema, dalla letteratura, dalla musica”, il disegno, in fatto di concorrenza, è diventato legge.
La forma del riso – Angelo Rendo
Non sappiamo nulla di cosa l’altro possa fare delle nostre parole. Quali forme possa dare loro. Ma certamente la rivelazione – fra le risa – che un amico mi ha fatto rispetto alle mie, non può che rallegrarmi.
Pare che spesso stralci dei pezzi o per intero li prenda e invii a un altro amico comune tramite Whatsapp o Messenger. E che ridano, si sganascino, arrivino fino alle lacrime. Non importa quale sia l’argomento. Ridono.
Del racconto smeuso – Angelo Rendo
Del racconto smeuso, che finge di lavorare invece ozia. Che impila atti di intellettualismo à la page, molli, voluttuosi. Che sembra volersi dislocare nel campo di una pragmatica estroflessa, furba. Di questo non voglio dire. È quanto di meglio possa prodursi. Al netto di una Logica “cancellata”.
Sul torrente – Angelo Rendo
Non osai chiamarlo, non sapevo chi o cosa fosse. Vedevo una fronte emergere dalle scarse acque del torrente. Alle mie spalle due cretini di quarant’anni gli davano del tu come fosse loro padre e gli tiravano contro sassi lisci. Non riuscivo ad afferrare il suo nome. Solo lo colpirono ripetutamente alle estremità di quella che a me sembrava una fronte. Tornavano alle mie orecchie sibili acutissimi alla maniera di quelli che emette un flipper quando una palla o più colpisce un obiettivo. Io guardavo l’osso sempre più farsi convesso e pronto ad aprire bocca.