AUGURI DI NATALE (Delle due storielle, una, bisogna chiuderla!) – Angelo Rendo

Ogni anno, la vigilia di Natale, non manca mai di venirmi a trovare. Si gasa. Lo gaso. Certo, lui non me lo può dire il motivo – lo derubrichiamo fra gli atti di estrema educazione – ma è chiaro che venga per porgermi le gote rosse pregne di pino silvestre. E io, ogni anno, ricambio la gentilezza, anzi, lascio che per l’intera giornata il suo ricordo silvestre mi assedi le nari e riempia il cuore.

La seconda, non merita neanche di esser chiusa, ora che ci penso, è una maglia aperta, l’unica, di poco più di due chilometri nel tratto di costa che mi riguarda lungo quasi venti. Da Donnalucata a Plaja Grande. Un’entrata nella luce marina: scavalchi il guard rail e ti mangia il mare. Lo bevi. Una ferita benefica. Che solo accoglie. Invita ad entrare e uscire senza requie.

Nun sugnu cosa – Angelo Rendo

La mente è un sistema fitto di fughe, e di logiche pavimentali, tese per essere battute.

In dialetto, in modo assai pregnante, la verità è assunta in una espressione che disarma: ‘nun sugnu cosa’. Ovvero: da me non si produce il benché minimo coagulo di essere. Potremmo tradurla così, per le lunghe.

Anche se poi tutti sappiamo bene che, se prendiamo la cosa come bene non senziente, colui che non è cosa sarà chi non è capace di oggettivarsi, rimanendo un soggetto inadeguato alla causa. Quindi: inoggettivabile almeno fintantoché non si uscirà dall’equivoco codice sorgente.

Galateo – Angelo Rendo

Ma non è giusto nemmeno che le parole ci possiedano, che ci raggiungano. O che rimaniamo in una zona limbica, fra la presenza e l’assenza, prede scordatesi del regime gonfio della vita.

Che uno è tanto prudente da salire i gradini con circospezione, temendo di pestare una lepisma saccarina, una tarma o una formica, un ragno, e invece succede che t’arriva a piedi uniti un fantasma alle spalle sulle caviglie; e ti sposta il sentimento, la saggia visione per cui nel mondo dell’arte l’irruenza, la nullafacenza debbano essere bandite. Nondimeno, non bisogna credere che, lavorando con arte, si possano raggiungere alte sollevazioni di ingegno o dipartite di prudenza.

Del discorso ozioso – Angelo Rendo

Ciao ripeteva e poi ancora ciao ciao rivolto al cielo, al gallo e al cavallo, e ad ogni uomo naturalmente, ovunque ciao stai bene salute. Mellifluo. Salutava tutti l’ozioso, era la sua occupazione; anche quando discorreva, non faceva che tramare saluti. Educato, educatissimo. Veleno.
Non badava che al saluto, ciao buonasera grazie e cerimonie per erigere mura. Mura di male, che incerava, mancando dell’estremo dono, scassava la minchia, l’ozioso, malcerto e presuntuoso, inane scrittore di numeri conchiusi e morti.
Lo cercavano tra i vivi, ma era schiavo del perbenismo zotico e cialtronesco, figlio del popolino, ringalluzzitosi in sofismi e regalità.

Per la cruna dell’astrazione possono passare due cose: una vecchia idea, glabra o pelosa, o il nucleo di un astro duro.

Crosta – Angelo Rendo

L’anno scorso, a fine novembre, mi trovavo a Palermo.

Quel che scrivo affiora da appunti lasciati per strada, a suo tempo, scartati da un’altra vena battente. E ora riapparsi.

Dopo averla forata passo passo, Palermo, da Ballarò alla Zisa, prima di tornare nel mio alloggio, in via dei Calderai, ricordo volli sostare dentro la chiesa di San Giuseppe dei Teatini, dalla cui volta – era tardo pomeriggio, la chiesa buia – non venne che un nero di crosta. Rimasi stonato. Una ferita, pensai, e ora tutto è secco e pieno di volvoli; dallo scuro nulla sporgeva se non minerali, silicati, rocce, miniature di catene montuose.
Poi venni a sapere che tetto, volta e affreschi erano stati ricostruiti. La chiesa bombardata. E quel lutto, chiaramente, custodiva il sottosopra di ogni fedele.

L’inchino – Angelo Rendo

Prima di risalire in macchina, il giapponese – un assistente alla fotografia, in provincia per lavoro – si è inchinato verso di me, come del resto aveva già fatto all’arrivo; e mi ha tagliato la mano. Dapprima non avevo fatto caso, dopo sì, a quel potere vivifico. Invadente la stretta di mano, fanfarona. Quanto bene e dolcemente l’inchino piega invece chi lo riceve.

PADRE FIGLIO E SPIRITO SANTO – Angelo Rendo

Ah signora, veda che da oggi trova anche le bombole di gpl per uso domestico. Bene, bene, sarà per la prossima volta, la scorsa settimana ne ho presa una che si è rivelata difettosa, mai mi era capitato di riportarla indietro, perdeva. Sa cosa faceva la buonanima di mio padre per verificare non ci fossero perdite? Avvicinava la fiamma dell’accendino al regolatore. Faceva sempre così.

Bubbusettete – Angelo Rendo

Siamo sempre stati lontani dal rifiuto, ci siamo lavati con l’acciaio e con la pietra nelle fredde acque dell’afflizione. Poi salvi e finiti, attaccati alle riserve, annichiliti, apprese le tecniche di attacco, illuminavamo la base. E la perfetta forma era un limite inoltrepassabile, bella brutta e già partita.

I burattinai tengono alla calligrafia e il loro calore è disperso nell’arte più certa. Quella del come se, facilmente accoltellabile alle spalle.

Concentrando le convenzioni nel cuore, amore e creazione disciplinano il dubbio e il suo alto edificio.

L’erudizione esaurisce l’equilibrio poetico, piegandolo all’estetismo.

Il fabbro può anche intuire la fede, la farfalla la costruisce.

Su quel vaso di fiori si posa la mente inequivocabile e senza bordo e fugge la giustizia.

Vuoto e identico all’ignoranza, inseparabile dall’intelletto, l’istinto rotola nelle ere, vestito di nascita e morte, mite, lancia la libertà oltre la logica.