Tre settimane di poesia nei lit-blog italiani (II)

[Il mestiere va liberalizzato, i suoi frutti resi tracciabili e trasparenti. Il lavoro va pagato. GiusCo]

Francesca Del Moro: poesie performative in una messa in scena da fumetto (7 Gen 2012, poetarum silva, http://poetarumsilva.wordpress.com/2012/01/07/francesca-del-moro-inediti/)

Sandra Palombo: versificazione paesaggistica, non sofisticata, che rimanda colori in discreta varieta’ di sfumature (8 Gen 2012, Imperfetta Ellisse, http://www.ellisse.altervista.org/index.php?/archives/573-Sandra-Palombo-Trittico.html)

Luciano Mazziotta: l’impressione e’ quella di trovarsi di fronte a calchi di materia putativa disomogenea, fonicamente ipotattica e di retrogusto espressionista (10 Gen 2012, Nazione Indiana, http://www.nazioneindiana.com/2012/01/10/41276/)

Paola Lovisolo: bozzoli autoconcludenti entro i quali si manifestano violenze sospese, forse irrisolvibili (14 Gen 2012, La dimora del tempo sospeso, http://rebstein.wordpress.com/2012/01/14/temporaneo-panorama/)

Giuliano Mesa: cronache molto umane dal sanatorio di una qualche distopia presente che ha mangiato il resto (16 Gen 2012, La dimora del tempo sospeso, http://rebstein.wordpress.com/2012/01/16/mesa-e-il-poeta/)

Fabio Franzin: strumento diretto di resistenza civile a difesa dell’umano, il samizdat in Italia non ha tradizione (17 Gen 2012, Carte Sensibili, http://cartesensibili.wordpress.com/2012/01/17/fabio-franzin-canti-delloffesa-lettura-di-f-ferraresso/)

Alessandra Cava: estensione eccentrica e spunti di originalita’ sonora (18 Gen 2012, blanc de ta nuque, http://golfedombre.blogspot.com/2012/01/alessandra-cava.html)

Cristina Alziati: elegie della separazione che concentrano la vita nell’inerme, lento, progressivo avvicinarsi ad una soglia (19 Gen 2012, le parole e le cose, http://www.leparoleelecose.it/?p=2964)

I “Racconti immobili” di Luigi Grazioli (Quarta)

[Pubblichiamo la quarta e ultima puntata sui “Racconti immobili”(Greco & Greco, 1997) di Luigi Grazioli.]

Racconti immobili

Stelle sospette

Poi sono comparse in cielo quelle due stelle sospette, troppo brillanti, con un principio di mobilità che subito rientrava, non prima di essere stato nettamente accennato però, come un segnale, con quella loro linea buia, appena un po’ obliqua, a suggerire chissà che corpo ovale o piatto in mezzo, loro due sole troneggianti in una regione del cielo per il resto deserta, come se tutte le altre stelle fossero state sloggiate, o si fossero volontariamente allontanate, ritirate a mucchi, impaurite forse, negli altri angoli di un universo fattosi all’improvviso sovrappopolato, meschino con quella mandria di luci tremolanti che si strofinavano l’una contro l’altra fino a soffocarsi.
E quelle lì, sopra il suo paese a minacciarlo, facendo un buco nel buio come per risucchiarvelo in un ultimo sforzo prima di spegnersi o di andarsene altrove, dove dai loro traffici avrebbero ricavato miglior profitto, aspettando che qualcun altro si accorgesse di loro per ricominciare proprio da lui.
Restano così sulla terra zone vuote da una notte all’altra, paesi boschi e montagne che scompaiono senza lasciare traccia, se non gigantesche buche piene di sabbia con al fondo piccoli specchi d’acqua stagnante, pozzanghere più che laghetti, ma di un’acqua oleosa, di un verde innaturale che non rispecchia alcun cielo, o perlomeno non quello che transita sopra di loro come se niente fosse, buche dalle quali le popolazioni limitrofe estraggono grate materiali per un’edilizia troppo prosperosa, dagli effetti insospettabili, perché postumi, e che si affrettano poi a riempire di rifiuti o a trasformare in attrattive turistiche dalle quali c’è sempre qualcuno che non ritorna, chissà perché, spesso senza che nessuno se ne accorga. Ne arrivano talmente tanti, che chi si preoccupa di controllare quanti poi realmente se ne partono?
Alla sera i parcheggi e i bordi delle strade sono disseminati di macchine vuote che poi, col favore del buio, vengono fatte sparire. Ci sono bande di ladri che ne approfittano indisturbate, tanto non è mai capitato che i proprietari ne reclamassero la restituzione. Per forza, erano scomparsi anche loro! E così quelli continuano i loro traffici: portano le macchine ai carrozzieri della zona, questi ai rivenditori autorizzati e la gente le compra a prezzi irrisori, tutti contenti di aver fatto un buon affare, a ragione. Nessuno che sappia ciò che sta facendo, eppure tutti, indistintamente, agenti volontari della sparizione, sicari del nulla.
Lui guardava quelle due stelle con la curiosità di un detective che sta seguendo un altro caso, con una certa spavalderia addirittura, come chi sa di essere sempre e comunque protetto: gli sembravano persino patetiche, per una volta, in quello sfoggio di brillantezza velleitaria! Nessuna minaccia poteva intimorirlo. Gli aerei che di solito attraversavano quel settore del cielo seguendo la rotta del fiume prima di atterrare, se ne stavano invece bellamente alla larga, con scuse miserabili che all’aeroporto non riuscivano a capire, ma comunque accettavano senza discutere. Se tutti facevano così, le ragioni dovevano essere più che buone. Un paio però sono finiti contro le vicine montagne, cioè di sicuro uno: ali ghiacciate all’improvviso, hanno detto, o il motore bloccato inspiegabilmente, quasi certamente per un difetto di fabbrica minimo: basta un niente per certe cose. Ma che difetto di fabbrica: per paura, nient’altro che per paura! E’ facile immaginarlo: viaggiano distratti, passano di lì per la prima volta badando solo a controllare gli strumenti, finché all’improvviso si trovano di fronte quelle due luci non segnalate e intorno solo vuoto, e non capiscono più niente; guardano, controllano, riguardano e ricontrollano, e hanno paura; non sanno più che fare, pensano solo ad andarsene di lì ma non vedono più niente: sono persino contenti, per un attimo, quando la montagna gli si para davanti inevitabile. Infine subentra di nuovo la paura. Per ogni cosa che succede, sempre difetti di fabbrica, errori meccanici, istruzioni incomplete, equivoci, distrazioni, malori, leggerezze, fatalità: ma a chi vogliono darla a bere? Da qualunque parte uno volga gli occhi non c’è nient’altro da vedere che la paura.

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