Appunti dal buon senso senza senso (93) – Angelo Rendo

Parla senza nessuno di mezzo, racconta un azzardo: distesa di niente, cosa, sconfinato deserto bianco, cavolo, ma quale opalino cavolo! Tira fuori il sortilegio: fine delle lettere. O del numero vendicatore, distruttore di mondo e mondano credersi libero nella regola, prece e parola, parla.

Una società di modelli, ossificati e colti, impuberi e putrescenti, e allora?

Quandanche volessi dire del mio azzardo, se così lo chiamassi, svanirebbe quel che non so, il nome che mi avete dato e la sostanza aggettivale che copre lo scritto di chiunque questa voce intraprenda a scrivere.

E se proprio devo dirla a metà, dovrò dire che del colpo di dado si dada alla meta.

Appunti dal buon senso senza senso (92) – Angelo Rendo

La gentilezza è un’arma. Spunta da ogni dove, lancia oblique occhiate, aggriccia le labbra, funesta rompe amicizie e stende neri drappi: indice che intima vergogna a cinquanta centimetri dall’occhio destro. E’ la gentilezza, questa, del moralista. Del moralista che crede che al limite estremo della tolleranza ci sia la cancellazione, la gabbia nella quale va a finire difilato chi non risponde ad un suo nobile gesto. L’ubbia di creatura infernale che gioca al ramino, pur di non prendere in mano il fucile. Ecco, tutta questa è brodaglia appresa. Chi impara è un moralista. L’altro è un troll.

Appunti dal buon senso senza senso (91) – Angelo Rendo

Mi muoveva come fossa il cielo, gettato dalla terra sul lido, senza minima contezza di regno.

Chi vuole stilare i caratteri generali di una terra si batte per la storia, madre di ogni ora e sempre risorto canone.

C’è imbarazzo, quasi paralisi a frigore, dinanzi al campo aperto coltivato ad aria.

Il caldo in terra è un’istituzione di ridotte dimensioni se misurato col tempo incurante dell’eternità.

L’aggettivo “grande” ha sempre freddo. Cercate di coprirlo? Riderà, non è un nome.