Cosa possiamo dire del nostro respiro? Possiamo farcene un vanto?
Ritorniamo perché dobbiamo, anche quando non sembra possibile.
Si dà il caso, però, che qualcuno si metta in testa di annotare il suo respiro, i suoi sospiri. Possiamo accettare che il respiro diventi una discriminante fra ciò che si dice e ciò che si scrive? No, certamente. Quel che è scritto è un respiro più perso di quel che è stato detto. Chi può riaverlo non respira, prima di averlo scritto.
Capita che non ritorni. Quello è il momento saliente, quando i parenti esclamano ‘Maria, quanto è brutto!’
Qualcuno di loro proverà a sostenere la fantasia del sospiroso plaudendo: ‘Certo lui ne ha tanta.’
Tanta ma quanta? – chiederà la voce dell’ufficialità. Verranno gli effetti della capitalizzazione, della posizione sociale, della fine della fantasia.