ANDREA DI MARCO. Endemico
[Ad Agrigento, presso FAM Fabbriche Chiaramontane, si celebra a partire da Sabato 28 Marzo 2015 fino a Domenica 14 Giugno, a due anni dalla prematura scomparsa, Andrea Di Marco. In mostra trenta opere di uno tra i protagonisti della Scuola di Palermo.
Di seguito il testo in catalogo di Francesco Lauretta.]
Nell’assenza, si nota meglio il corpo. L’ora è misteriosa, quella con sole e notte, ma d’una notte che ricorda quanto un catafalco mostra, adornato come in festa, l’omaggio a quanta vita è trascorsa e a quanta morte, invece, s’ingrassa. C’è l’ultimo in quel quadro. C’è del sacro anche, incenso quasi, evaporate vite. Ho sentito questo attrito invisibile in visibilio davanti ai misteri, perché i misteri zampillano in esso: se si osserva solo dentro il perimetro blu. Cosa rimarrà di noi? Cosa ci oltrepassa? E, davanti a quell’assorbente blu, a noi è lasciata la possibilità di intonare un cantabile requiem. Lui, come un nunciante che se ne va: quel quadro che ci vede ci dice che noi, noi non possiamo sopravviverci.
Qui siamo intorno al blu.
Eppure c’è quanto basta. C’è luce. C’è infine l’abisso sulla luce. E’ finito e non, quest’opera. Non è firmata, non ancora. Quel non ancora è la nostra possibilità d’accesso. Quella luce, così nostra e differente, così differente dall’essere epigoni, lontana dai cavilli modaioli, è unica: di sola luce è pittura, qui. E questa luce dice della resistenza, o r esistenza, o re esistenza. E con questa luce i corpi saranno di marzapane, dolci, evanescenti, inesistenti e cioè possibili nell’attrito dello stare ‘tra’: vita (tra) morte.
Andrea sapeva, me lo aveva accennato, di questa follia dell’esistente. E la pittura è varco denso verso questo stare, è monumento che avvista il Tempo, sopratutti e sopra tutto. E’ stato un sollievo, per me, avere scoperto questo Blu. Non ancora, la sua firma come corpo mancante rende quest’opera inquieta; come il Cacciatore Gracco è unica e vagante sempre per noi, coristi di requiem.