Riprendo da http://www.sciclinews.com/news/Quei-cani-assassini-siamo-noi-siciliani-/0000009582
[Due sciacalli, Edoardo Camurri e Ottavio Cappellani, si passano su “Vanity Fair” brandelli di carne ed esultano sbronzi di sangue. Il Cappellani sostiene addirittura che il fenomeno dei cani selvatici esista solo nelle zone fra Scicli e Modica, nel Ragusano!
Come al solito, le mitologie localistiche, pezzenti, pregne di ars lacrimatoria tonante, miseramente liriche, impressionistiche, pubblicitarie esplodono. Gente senza naso, avida di fama insanguinata, senza progetto.
Coi flussi parolai, con sicilitudine e sicilianerie si costruiscono carriere. La terra d’oro è sottoposta a inerte rappresentazione, il breve sforzo genera. Si piange il morto, ma non ci si divincola dalla querimonia. Campano cerimonieri del limite, becchini, seppellitori di vita.
E intanto la Tradizione, la Bestia, e in ispecie la mondano – letteraria, trae fuori, depopolarizza e connette potere con folklorismo.
La terra sta, a fauce aperta.]
A. R.
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QUEI CANI ASSASSINI SIAMO NOI SICILIANI
Perché il branco attacca l’uomo? E perché solo a Ragusa? Per Ottavio Cappellani “i mannari sono l’incarnazione di una terra violenta e decadente”. E questo è solo l’inizio. [di Edoardo Camurri].
Non fatevi ingannare da questa frase: “Continuo a pensare alla Sicilia come a un luogo modernissimo, come al destino dell’Europa”, perché il suo significato va letto al contrario, cioè come maledizione, come precipizio, come prospettiva di terrore a cui siamo condannati. Me la dice, a proposito dei branchi di cani assassini che stanno terrorizzando la provincia di Ragusa, Ottavio Cappellani, 39 anni, siciliano, uno dei più bravi, se non il più bravo, scrittore italiano contemporaneo (il 30 marzo uscirà per Mondatori il suo nuovo libro, Chi ha incastrato Lou Sciortino). “La zona tra le spiagge di Sampieri, le stesse spiagge dove è stato azzannato a morte quel bambino, Giuseppe Brafa, è un luogo che mio padre frequentava da ragazzo. E già in quegli anni esistevano branchi di cani selvatici. Ma non attaccavano gli uomini, puntavano alle pecore. La cosa interessante è che questo fenomeno esiste solo lì”.
Cioè?
“E’ la parte più violenta della Sicilia. E’ la Sicilia carnosa delle carrube e degli olivi. La Sicilia del vino forte e del sole che spacca le pietre”.
E i cani?
“Sono il frutto di quella terra. Si dice che i cani assomiglino ai loro padroni. Io ci credo. Ho visto pitbull dolcissimi e cocker di una violenza pazzesca, a seconda del carattere delle famiglie che li ospitavano. Quei branchi famelici sono l’incarnazione della Sicilia”.
In senso orientale?
“Forse. E’ come se i siciliani si stessero reincarnando in questo genere di animalità. Tra un po’, visto che siamo in piena decadenza, in Sicilia appariranno le tigri con i denti a sciabola”.
Che tipo di decadenza è?
“E’ la violenza del sistema siciliano, ormai raffinatissimo nel far scomparire l’umanità e la compassione. Un sistema in cui il povero fa comodo in quanto serbatoio di voti; è vero che i cani hanno ucciso quel bambino, ma lo fa tutti i giorni anche questo sistema”.
I cani sono dunque un simbolo vivente?
“Il cane mannaro è l’espressione della fine dell’impero democratico. Siamo nel gotico dell’horror. In Sicilia tutto questo è al suo punto estremo, e presto si estenderà in tutta l’Europa”.