Io vorrei visitare il mondo – Angelo Rendo

La tentazione di entrare nel mondo è un atto troppo mondano. Nonostante mi sforzi a inforcare gli occhiali, non vedo nulla.

Petunia Ollister, di cui il 12 marzo per la prima volta ho letto la rubrica (#bookbreakfast) su Robinson, trae dall’antologia illustrata dal titolo “75 litri” (www.madebytuta.com) la seguente citazione: “Sono state sottoposte agli artisti queste domande: immagina di partire per un lungo viaggio dal quale forse non tornerai mai, qual è il luogo che vorresti visitare? Come organizzeresti il tuo zaino? Quali oggetti porteresti con te? E quali mappe? A chi manderesti una cartolina?”

Io vorrei visitare il mondo. Senza zaino e senza mappe, e al diavolo le cartoline.
Una delle tesi più accreditate è che vi sia somma sapienza al mondo, che sia una gemma dentro il castone.
Ma nessuno sa cosa sia il mondo e dove si trovi, nessuno di noi viventi vi è stato destinato, per quanto talora alcuni si gettino in avanti alla ricerca di qualche crepa e la intonino a Dio, senza di fatto rivolgerglisi.

Sospetto che gli instagramers siano una nuova comunità apostolica e che le loro faccende siano in mano al capitale immaginivoro. La labilità del mondo entrato in uno specchio, che riflette un surrogato di vita.

Uno svitato – Angelo Rendo

Quando arriva quel cliente – che del cliente ha mantenuto solo la formula religiosa escrementizia: “Ca ‘u Signuri ti pruteggia e ‘a Maronna ti varda!” (“Che il Signore possa proteggerti e la Madonna possa salvaguardarti!”) – e con quel segno augurale se ne riparte svuotandolo, svuotandosi e svuotandoti, tre sono le cose: ti vuole bene, gli sei indifferente, vatteneaffanculo. Non propendo per nessuna delle tre ipotesi.

Lo stato dell’arte – Angelo Rendo

Il fuoco, nutrito sulla terra, non ha un padre. È solo. Fino a che lingue a ^ non lo sputano dal cielo.

Ecco.

La vita – mentre il vento scompiglia ogni intendimento – non è forse questa strettura fra testa e vita? Un arto che non riesce a farsi presente. Troppa l’aria nelle narici e nessun potere.

Faccia al cielo, galleggiante fra le schiume e una fitta polvere che le acque ricopre.

Sirio – Angelo Rendo

Guardavo il dorso. Il titolo, il nome e il cognome. E ridevo, quando le lettere davano Angelo Rendo.

Le avanguardie son spesso baldanzose e proterve. Il lavoro, come il dolore, è un filtro attraverso cui passano i più grandi dispiaceri della storia.

In sostanza, le parole, quelle letterine là sopra nel cielo, non sono che nubi. L’ha scritto e cantato – verifico – persino Alex Britti, oltre a chissà quanti altri. Velano ciò che da sempre è manifesto.
Quanto è irrilevante, dunque, dibattersi dentro il vaso, se il sigillo – come per ogni azione non voluta – nasce e muore impresso nell’aria col suo mutevole odore.