Appunti dal buon senso senza senso (30) – Angelo Rendo

La favola non ha concomitanza alcuna col mondo, visibile per quanto possa essere l’intreccio. Dovremmo persuadere con miti parole l’umano irredento a calare le penne. Che arrivi la libertà non è affar suo, mai giunge squillante, nemmeno si ode, funesta si insinua nell’uomo; non è quella vera, ma quella che spinge a fare più in là il discorso, ad ampliarlo senza il dove. Così si perde la rotta: l’illusione del concetto bene digerito ed espresso avvampa i sensi, passa sopra la testa, circuendo con liane il torso gonfia le labbra, po po po po po, al punto che ogni parola più esce forgiata dalla bocca, meno è creduta, meno è forgiata, più scompare.

Appunti dal buon senso senza senso (29) – Angelo Rendo

La massa ha un capo, si vede e non si vede, plasmandola e battendola delicatamente, viene fuori, ora da una parte ora dall’altra, ora sotto, ora sopra. Non si può mancare di fede in un gioco le cui maglie da medium hanno raggiunto una larghezza tale da far perdere la vista.

Ragiona, non rimanere attaccata al tuo grosso scoglio, non pronunziare parole blasfeme, se blasfemia è su di te riversata, non digrignare i denti dallo smalto taurino, è pensabile tu possa metterti di lato e lasciar passare l’avo, che a presa diseguale si riaffaccia. Che tu sia erosa, prima di nascere.

Non certo lo fa apposta, sta chiedendo il mondo rotoli su se stesso, la crosta si appiani, viste le cattedrali e i saperi di cemento, i grattacieli e ogni opera in esso murata: resistenza allo scorrere del tempo. E tu sei ancora piccola e divisa, nazione.

Da “La superpotenza”, le poesie di Giuseppe Cornacchia – (III) Questa è poesia per macachi

[Ho scritto poesie tra i venti e i trent’anni, quest’anno ne compio quaranta: e’ il momento di una prima verifica di tenuta. Presentero’ in questa rubrica i venticinque testi inseriti nel recente volume “La superpotenza” (2012, ed. ilmiolibro.it) e raccolti sotto il titolo “Dell’iris ho il tramorto”. Costituiscono, a questo momento, il corpus ufficiale della mia produzione. A voi. GiusCo]

QUESTA È POESIA PER MACACHI

Questa è poesia per macachi,
direbbe un uomo serio, accademico;
fatela leggere a una donna
e cambia il risultato.
È che siamo abituati a certe forme
desuete, maschiliste,
ma l’uomo è un sinistrato.
Vent’anni, chi è maturo inventa
ma l’uomo è un sinistrato,
per quanto si dia arie
non capisce o fa finta
chiamandola gavetta.
Io vado per i trenta,
sono uomo di scienza
avvezzo a dar di conto
e dico questo:
effeminiamo il mondo!
Ridiamo alla gleba sociale,
ai picchiatori, ai casparri,
alla gente che fa del veto
una bandiera.
Ho scritto, detto e fatto mille cose
in mille modi
perché tutti potessero capire
e hanno capito; che poi si diano
un tono, affar loro!
Io non sono innovativo.
Innovazione è Dubbel’s Handbook,
a saperlo usare. Scusi, lei
che giudica: cosa sa fare?
Sa cambiare una lampadina?
Non è necessario per fare poesia
ma aiuta, regala un’altra prospettiva.
Il poeta non è un poliedro?
E lei, che non sa fare proprio niente,
perché si spaccia per poeta?
È sensibile, forse?
Sa mettere in riga due parole
(al verso precedente c’è un errrore,
penserà, se proprio è tufo
(eccone un altro))?

© Giuseppe Cornacchia

Pubblicata su carta a Settembre 2012 in La superpotenza, venti anni di poesie, scritti e traduzioni da G.Cornacchia e A.Rendo, ISBN 9788891027474

In forma di esercitazione accademica – Federico De Leonardis

Equazione della distanza

Voglio parlare di distanza anzi, per essere precisi, dell’oggetto della perfetta distanza.

Espresso in questi ultimi termini il mio proposito non può che sembrare astruso: come fa a esistere un oggetto della distanza, se questa è prima di tutto una misura? E poi anche ammettendo che esista non è azzardato e gratuito attribuirgli una qualche perfezione? Ma chi avrà la pazienza di arrivare fino in fondo a questo discorso si renderà conto che le mie intenzioni sono giustificate, perché le conclusioni che spero di raggiungere potranno tornare utili anche a lui. Quella della distanza è una questione importante per tutti, la distanza è una qualità, un concetto, un’entità, un… non saprei definire la sua sostanza, un qualcosa su cui comunque bisogna avere le idee ben chiare. Ripensandoci, questa mia indecisione a definirla deriva proprio dal fatto che la distanza non è un’astrazione ma un oggetto, qualcosa che ha un corpo e si offre a tutta la ricchezza dei sensi.

Prima di entrare in argomento, prima ancora di cominciare la passeggiata per arrivare a indicare quale è l’oggetto della perfetta distanza – perché esiste veramente e io lo conosco benissimo – voglio portare un esempio a sostegno di questa mia ultima affermazione e lo farò raccontando un episodio. Episodio è troppo, diciamo: cosa mi è successo proprio oggi; che tra parentesi è stato determinante a decidermi a prendere il toro per le corna.

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Appunti dal buon senso senza senso (27) – Angelo Rendo

Ero al centro, indugiavo, a tratti tagli venivano, e la linea, che separava le due sponde, iniziava a farsi sempre più sinuosa, avanti al senso, e la nicchia, posta in alto sulla facciata del palazzo del governo, si chiudeva, liscia; e liscia tutta la facciata, murate le finestre.

La carta frena, lo schermo illumina; senza l’una non puoi pulirti il culo, senza l’altro non puoi difenderti; con la prima palpi non sai cosa, col secondo scompari.

Dopo una contrazione del senso di rappresentanza e l’afflizione che ne consegue, non ci si aspetti che la causalità o le strette connessioni del compromesso prevalgano sul fiatone lungo dell’immaginazione.

La lettera è lettera, per quanto minuscola possa essere; prova a diminuire la dimensione del carattere e la lettera si raccoglie e sputa fiele. La lettera vedrà l’accanimento dal foro più piccolo che l’uomo pratica e mai che l’estensione del discorso si faccia lettera, ché lettera è trappola di fronte al muro. Come è intensa la persuasione che si sia là dove si è, quando le parti incomunicate fanno e sfanno il bel vedere. L’opzione è lettera e lettera più lettera non fa un contratto. Che disse? La scelta è solo un caso, fra mille e mille e uno capitasti tu, e la lettera è lettera per i buoi.