È venuto da Marina di Ragusa, in vesti da lavoro e con una lisa magliettina a maniche corte, bello in carne e gioviale, accaldato, settantenne direi. Iperteso, diabetico, ma magari no. Si carica la bombola e sorride. Ridiamo guardandoci. E che cosa dobbiamo fare, ci hanno rizzittati (rassettati, riposizionati, resettati, azzerati) esclama in dialetto. Non c’è scampo, mi rimbecca, lei ha la mascherina, ma non c’è mascherina che tenga. Rimarrà chi è più forte. Dopo cinque minuti arriva un altro, in pantaloncini, lo stoppo subito, prima che esprima la sua richiesta, Anche lei viene da Marina di Rg, vero? Sì, è da due settimane che sono in pantaloncini. Ha ricci fitti, a guisa di anelletti per la pasta alla Norma, incollati al cranio, e l’occhio ha giurbino.
Marina di Ragusa
MESSINA SINCRONICA – Angelo Rendo
Aveva pronunciato solo qualche sillaba, così mi ero convinto fosse di Catania la signora. No, sono di Messina. Andata via, a due minuti arriva un signore. Lamenta male alle reni, scendendo dall’auto. L’umidità, ma quale… l’età! Lei è di Donnalucata? No, sono di Messina. Non fa in tempo a spostarsi dall’ufficio, dove paga, al box, dove ritira, che alle sue ruote preme un altro signore, di Marina di Ragusa; a questo carico la bombola in macchina, quindi dritti verso l’ufficio. Mi giro senza accorgermene e miro la sua targa. Messina. Trilla Whatsapp: Gradirei una Birra Messina – un’amica. Tarderà, gliela faremo trovare. Ma la berrà lei.
Se decidi di raccontare la vita, chi ti legge non ti ascolterà; un sorriso di circostanza, asincronico, e Addio!
Contemporanei della munnizza – Angelo Rendo
È da quattro anni che viviamo qui a Marina di Ragusa, siamo fuggiti da Palermo dopo che è nata la nostra bimba. Ce ne siamo andati per la munnizza.
Munnizza ovunque, sulle cime dei monti, alle pendici, veleni, anche qui ora alla foce dell’Irminio e a Pantalica pure, munnizza; diamo il tempo all’autostrada di attraversare la provincia di Ragusa, forza! I barbari non aspettano altro.
Cosa ci appartiene ora, in questo momento? La munnizza, il disordine, che mondo, intanto fregatene, costruisci sul letto del fiume, permetti che ti permetto. Qualcuno sta preparando un altro mondo, un’altra intelligenza sta saturando ogni dove. Butta tutta la merda che hai dentro fuori, stiamo andando via, a dire il vero qualcuno prima di noi, noi schiatta di agenti corrotti senza lingua.
Il vicesindaco di Chiamparino – Angelo Rendo
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Oggi è passato a gasarsi il vicesindaco di Chiamparino, ormai abita a Marina di Ragusa, è un pensionato. Tra una cosa e l’altra, non riuscendo a capirsi cosa fosse cosa e cosa fosse l’altra, a bruciapelo mi ha chiesto Lei è residente a Ragusa? No, a Scicli, questa landa è territorio di Scicli, peraltro. No, gliel’ho domandato perché sono in lizza per le Comunali di giugno a Ragusa. Ah, e con chi? Con una lista civica di Centro Destra. Ho capito. Lei ha già fatto politica, quando stava a Torino? (La volta precedente mi aveva rivelato di essersi da poco trasferito nel loco natio, a distanza di cinquant’anni, e di aver pure comprato casa. Un’occasione. Quindi, via, dopo aver messo cinque euro, con la sua Delta d’antan, la sua signorina, lui tutto impomatato.) Sì, sono stato vicesindaco di Chiamparino. (Chissà se durante il primo o il secondo mandato.) Ah, ora è migrato verso altri lidi. Sa come siamo noi politici, cambiamo facilmente bandiera.
Le “fumarole” di Plaja Grande – Angelo Rendo
Dietro il bunker di servizio, dove scrivo, a cinque metri, ci sono le serre. Siamo a Plaja Grande, a due chilometri e mezzo da Donnalucata, in antico contrada Piano Grande, ultima plaga del territorio costiero di Scicli, ad Ovest.
Sulla provinciale Donnalucata – Marina di Ragusa – dove appunto lavoro – e su per incroci e crocicchi che dalla provinciale diramano, e ancora oltre fino ai Macconi, fino a Marina di Acate, ad Ovest, e fino a Pachino, ad Est, la cosiddetta fascia trasformata, il paesaggio è sequestrato dalle serre. E da chi ci vive.
Capita che, come oggi alle 17:00, a circa trecentometri da qui, in barba a ogni regolamento, si dia fuoco alle piante di pomodoro estirpate, che si celebrino le velenifere “fumarole”.
Le piante – tra l’altro ancora umide per via delle piogge – allungheranno il fastidio per chi nei pressi vive. E a seconda dei venti di ponente o tramontana, a seconda del loro indugiare o del loro risvegliarsi, le nebbie, il fumo, il tosco prenderanno forma.
Nessuno vigila. E nessuno – o pochi – conferisce questi rifiuti speciali. Brucia. E fa bruciare gli occhi, la bocca dello stomaco. Porta la nausea, eleva lo stordimento a fase rituale ultima. Nessuno.
Panini trasgressivi (Ghià Lughià!) – Angelo Rendo
‘Spiriu’. Ed è come se il soggetto si fosse nascosto in un regno incredibile, tanto veloce la sparizione. Un missile. È sparito, è stato spedito, è spirato. Dove? Un soffio sopra una candelina. Un panino divorato senza pensiero. O, forsanche, ‘spiriu’ parte del nostro tempo.
L’uomo della foto è stato un leggendario paniniere puro: Luciano, scomparso qualche anno fa. Operava a Marina di Ragusa negli anni Novanta. A lui è legato il ricordo della mia – e di tanta parte di tiratardi dell’intera provincia – tarda adolescenza, ai suoi saporitissimi panini bombalerci, ai suoi modi spicci e cordiali, alla moglie, allo ‘schiavo’ di cui non ricordo il nome – che Lughià chiamava nell’agone solo per dare un colpo di scopa alla pedana.
Ghià Lughià!
Come non ricordare la notte in cui tirò giù dal muro alle sue spalle con uno strofinaccio per la polvere – col quale puliva le mani tra un panino e una fetta di porchetta – e calpestò con molta nonchalance una blattina, per poi continuare il suo magnum opus… E frotte di ragazzi non l’abbiamo mai abbandonato. Non lo abbandoniamo.
Ghià Lughià!