Appunti dal buon senso senza senso (1) – Angelo Rendo

[Quest’estate ho comprato un quadernetto Comix, me l’ha proposto al buio la cartolaia donnalucatese. L’ho preso senza fare storie, buono il formato e le righe, serviva un pezzo di carta veloce. Su di esso ho scritto la cartella doppiozeriana per la rubrica “Camminare” e gli appunti che seguono…a dire il vero il primo appunto è trasmigrato per contiguità da un foglietto sperso, il secondo continua a giacervi.

La copertina rossa è bucata da un nero paio di labbra, dove affondato sta un gettone ligneo da tombola recante il numero 69; sopra il labbro superiore la scritta “IL BUON SENSO”, sotto quello inferiore, capovolta, “NON HA SENSO” .

E’ ora di dare il via agli “Appunti dal buon senso senza senso”. Questa sera.]

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La letteratura è una scienza, un blocco unico, per nulla si effonde in discorsi analitici. I criteri interpretativi sono valoriali e illusivi: criteri legislativi, di ordinamento. Perché mancano le scritture del caso? Quando il campo energetico individuale stenta, nascono i sovradiscorsi, gli sforzi. La vanità.

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Come sia e sia, tutto nella scrittura si risolve l’idiota. Tutto si risolve.

Giuseppe Cornacchia traduce Philip Gross – introduzione (1 di 2)

[Articolo scritto attingendo a fonti pubblicistiche da internet; tre mie traduzioni seguiranno su questo sito il 20 ottobre. Giuseppe Cornacchia]

Philip Gross e’ del 1952, figlio di un rifugiato estone che ha sposato la figlia di un direttore di scuola elementare e messo radici in Inghilterra. Cresciuto quacchero, vive in Galles come accademico nel creative writing e ha alle spalle 30 anni di pubblicazioni sia per adulti che per bambini. La fama gli e’ arrivata con The Water Table, che ha vinto il prestigioso T.S. Eliot Prize nel 2010, ma era gia’ stato premiato al National Poetry Prize del 1982 da Christopher Reid, Paul Muldoon e Frances Hoorvitz. Al T.S. Eliot Prize sono seguiti due altri importanti riconoscimenti.

La poesia e’ per lui conversazione prima che espressione e deve toccare tanto i grandi temi quanto la vita ordinaria, interessando le giovani generazioni. Di queste ultime racconta la sofferenza associandola alla sorte del padre che, scienziato, fu colpito prima da sordita’ e poi da afasia, perdendo la capacita’ di comunicare le cinque lingue che conosceva. La perdita del linguaggio e’ perdita’ dell’identita’, “non solo delle parole ma anche dei toni e dei gesti”, della musicalita’ che la poesia riesce in qualche modo a rendere nuovamente possibile.

Ancora sui giovani, Gross sostiene che la scuola non debba occuparsi di poesia, lasciando a loro la scoperta personale di quel che sara’ un piccolo inviolabile segreto. Un segreto da coltivare anzitutto scrivendo, invece che teorizzando o studiando, al fine di maturare un percorso autoformativo, anche come individui, e coniugare emozione e ragione. Delle scuole contesta l’aggregazione in gruppi di pari eta’, sostenendo invece che ogni individuo ha un grado di maturita’ proprio che procede ad un ritmo proprio. L’aggregazione per eta’ porta a noia.

The Water Table, il libro che lo ha portato alla ribalta, colpisce per i suoni prima che per le immagini e i contesti. In questo somiglia a The Waste Land, il poema di Eliot che gli fece scoprire la poesia lasciandolo attonito a rimuginare su parole che non conosceva, ma che gli apparivano chiare come insieme organico. Cosi’ il tema chiave di The Water Table e’ la natura sempre mutevole dell’acqua, che riflette tanto il mondo naturale quanto quello creato dall’uomo.

Il pretesto fisico sul quale si impernia il libro e’ l’estuario del fiume Severn, che appare tanto blu quanto marrone perche’ riflette cielo e terra. L’acqua e’ un elemento in se’ molto semplice, primordiale e soggetto alla forza di gravita’, ma capace di restituire riflessi di straordinario intreccio e complessita’. L’estuario appare come un corpo muscolare, penetrante, che congiunge regioni diverse come il Galles e l’Inghilterra.

Assieme alle immagini, nelle poesie di Gross domina il silenzio, a sua volta un riflesso di quello del padre colpito dalla malattia. Tuttavia, The Water Table non e’ un libro di pena o di perdita, quanto piuttosto di sostanza: l’acqua e’ una entita’ reale, non una metafora come in tanta letteratura. Un’ entita’ che riempie e inabita lo scrittore stesso, il quale esprime con agio i suoi paradossi, le sue stravaganze, le sue banalita’ nelle forme diverse che l’acqua puo’ assumere, come nel testo chiave Designs for the Water Garden (Bozze per un Giardino d’ Acqua).

I “Racconti immobili” di Luigi Grazioli (Seconda)

[Pubblichiamo la seconda di quattro puntate sui “Racconti immobili” (Greco & Greco, 1997) di Luigi Grazioli.]

Racconti immobili
Racconti immobili

La sbarra sugli occhi

Mentre sto leggendo sul balcone, sul lato in ombra della casa, nel mattino già afoso di questa afosissima estate, oltre il giardino vedo passare in bici una giovane donna, bionda e minuta, col figlioletto accomodato su un seggiolino alle sue spalle. La guardo, la vedo, ma è come se non la vedessi. Infatti la sbarra trasversale dell’inferriata le sega a metà la testa all’altezza del naso e degli occhi. La seguo con lo sguardo sperando nell’apertura del cancello alla mia sinistra non dico per riconoscerla (mi sembra di non averla mai vista prima), ma quanto meno per farmi un’idea completa del suo viso. Devo vederlo, è necessario che lo veda, mi dico, anche se non so perché, anche se sono lontanissimo da qualsiasi curiosità erotica o d’altro genere. Anzi, la necessità è più impellente proprio perché vuota, immotivata. Invece, quando la ciclista arriva al cancello, che nel mio condominio non è mai stato chiuso negli ultimi quindici anni, l’estrema propaggine orizzontale di un ramo del cedro che mi sta di fronte prosegue con sardonica precisione il lavoro di ostruzione della sbarra trasversale, fino a quando non inizia la siepe che recinge i bidoni della spazzatura, che esclude ogni vista ulteriore. Dopo un quarto d’ora, durante il quale proseguo la lettura mentre il retrobottega della mia testa annebbiata dal caldo e dal fumo dell’ennesima sigaretta si fissa con desolante insistenza su questo passaggio che difficilmente potrà ripetersi, la donna ritorna. Mi accorgo di lei quando ha già passato il breve intervallo vuoto del cancelletto d’ingresso al condominio alla mia destra, anch’esso aperto ininterrottamente da almeno quindici anni. La donna pedala con questa striscia marrone che le cancella la parte mediana del viso, con la fronte e la sommità del cranio che scivolano autonome a mezz’aria lungo un piano che sembra puntare con decisione verso il prato al di là della curva che la strada opera seguendo i confini del giardino, mentre le narici, la mascella e il mento restano collegati al corpo sottostante che a questo punto mi accorgo di non aver nemmeno guardato, come se fosse stato privato di ogni interesse dall’impossibilità di definire gli occhi e la sella del naso. Invece di aiutarmi a ricomporre la parte mancante, l’insieme ne è stato prima frantumato e poi cancellato. Aguzzo lo sguardo ma la ciclista è scomparsa, non l’ho vista nemmeno svoltare. Al suo posto resta solo la linea continua della sbarra che, noto adesso, dalla parte che guarda verso di me è cava.

Eurobond: la vera crisi e’ quella del debito USA

[Si sta svolgendo un franco dibattito sul forum di QuantNet, un sito di ingegneria della finanza molto noto a livello internazionale per essere frequentato da studenti che poi diverranno traders o banchieri, e sono contento di contribuire non tanto per spirito patriottico ma per amor di logica e dei macrofenomeni. Riporto 4 punti che inquadrano il problema Eurobond per come lo vedo io. GiusCo]

Fundamentally it’s politics, not economies.

1- Giving up autonomy to Eurocrats is scary but in terms of globalization we need the macrozone to remain competitive. That’s why I can’t see isolation/separation doing well or any war. Simply put, we Europeans will become poorer and more redistribution will happen, both internally (towards the PIGS) and externally (towards the BRICs and the emerging countries). I can’t see who is going to break that actually (Germany pensioners? To go where to?).

2- As for the UK, if not Europe they will be de facto the 51st American State (as they are actually doing) or aspirationally (and better from many points of view) lead a new sort of Commonwealth. In any case, the Kingdom needs to be part of something bigger or it will be crushed by globalization: devaluation of pound is happening fast and their fundamentals (debt, unemployment, GDP / deficit ratio) are now nearer to Italy than Germany. In addition, there is not a new North Sea to be exploited.

3- Italy is the deciding factor these days and we actually like EU because it makes big decisions for us. We have borrowed time again with the latest mid August humming but the markets are putting us in the line again. Well done, just hit hard enough without killing the baby please.

4- To finish, we are purpotedly forgetting that the real problem is the US debt and that the big game is into its early stage yet. Their financial hubs can kill Euros as a diversive, but the real problem is still theirs: a big, overwhelming pile of debt owned to Mr Jiabao. So it is not European states that will look for a war: it will be actually Mr America, the day He will be told to stop living in the bubble and repay the debt.

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I also think that most of the recent excesses from the financial world must and will be reduced by more stringent regulation. Resigning sovereignty to plutocrats is not where mature democracies were intended to go.

As citizens (not numbers or productivity units), we are just fighting our war to keep the status gained with many difficulties in the last two centuries. Poorer maybe, not slaves again.

This bullying farce commanding austerity to entire countries cannot go on for long: sooner or later, some leading politician will just tell that it is a colossal joke, as it is. And I think our Sultan Silvio, the ruined trickster of Europe, is very tempted to do so in a flagrant way.

E’ uscito “Testo a fronte”, n. 44

testo a fronte n. 44
testo a fronte n. 44

[Su “Testo a fronte”, Semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria, diretto da Franco Buffoni, Paolo Proietti, Gianni Puglisi, nella rubrica “Quaderno di traduzioni – Poesia”, Giuseppe Cornacchia traduce Paul Muldoon.]

“In form, then, as a rose, pure, brilliant, white”:
Le traduzioni della Comedia in Inghilterra
A cura di Vincenzo Salerno
Paradiso, XXXI: traduzione di Robin Kirkpatrick

“Questi versi una fica li ha cantati”.
La Dama del Mondo (Jahan Malek Khatun): tradurre la maggiore poetessa dell’islam medievale
A cura di Domenico Ingenito

Matteo Brera
Sir Philip Sidney’s Astrophil and Stella
A Translation Project

Maria Pia Pagani
Il teatro italiano nelle traduzioni
di Aleksej Karpoviˇc Dživelegov (1875-1952)

Stefano Boselli
Le didascalie tradotte alla prova:
George Bernard Shaw e le versioni dei Plays Pleasant e Unpleasant

Sibilla Destefani
L’ultimo poeta maledetto

Christos Bintoudis
La morte nell’opera di Kavafis
Questioni di traduzione ne I cavalli di Achille

Carlo Carena
Alfieri traduttore

Franco Buffoni
Alfieri e l’Inghilterra

Luca Manini
Omaggio a David Gascoyne

QUADERNO DI TRADUZIONI – POESIA
Archiloco o Ipponatte / Zeno Bonani; William Shakespeare / Isabella Panfido; François-René de Chateaubriand / Pierino Gallo; Paul Muldoon / Giuseppe Cornacchia; Carol Ann Duffy / Floriana Marinzulli e Bernardino Nera; Edoardo Sanguineti / Massimo Bacigalupo; I ragazzi romani / Gandolfo Cascio Giovanni Turra
QUADERNO DI TRADUZIONI – TEATRO
Miguel de Cervantes / Marco Ottaiano
QUADERNO DI TRADUZIONI – PROSA
Eduardo Halfon / Maria Pina Iannuzzi
RECENSIONI
Viviana Agostini-Ouafi / Andrea Chiurato; Alexander Pope / Edoardo Zuccato; Paolo Giovannetti, Gianfranca Lavezzi / Edoardo Zuccato; René Char – Vittorio Sereni / Franco Buffoni; Raffaele Viviani / Martina Treu Gabriele d’Annunzio / Giovanni Tuzet