Quando uno scrittore non si vede più, è stato abbandonato. Si è ritirato. Così si dice.
Si crede, cioè, ci sia un campo, che qualcuno lo lavori. E che qualcuno, nullafacente, lo abbandoni. Bene. Chi lo solca, non osa abbandonare; chi lo scava di notte a notte, prepara le fosse per chi lo lascerà. Chi non lo sente e non lo vede, fa un altro lavoro.
Scrivo tutto ciò a margine di quella lunga linea che, partendo dal basso, finisce nel ghigno temperamentale e collettivo e mostruoso dell’intellettuale, poco poco più a destra o a sinistra dal punto da cui è partita.
Dio ci liberi dalle scuole di scrittura, dai generi, dalle interpretazioni del vivente, dal passo lento della sera.