Appunti dal buon senso senza senso (50) – Angelo Rendo

La radice ἀρ-, appena appena spuntata, è tenera, un soffio senza connotazione alcuna: l’aria in unione con la consonantica ansia primigenia. Ci vorrà tutto l’ossitonismo della materia a sostantivare in “maledizione” l’inesteso borborigmo della fame, ovvero la divinità.

Bisogna rispettare il tempo dieci
dodici ore al giorno il ragno fila.

Otto strade ferme e nere
quattro avanti quattro indietro
passi mi si passi

ora dentro silenzio ragno.

I sei versi di questa poesia – dettatami dal ragno ieri visto sul muro di fronte alla camera da letto – fanno rientrare dalla finestra la sempre cacciata mosca in posa sul vaso di Pandora. Se rimaniamo alla lettera, il graffio non copre che una tara persa, il sogno dell’incivilimento della massa non è altro che la disperazione prodotta dalla fama.
Questo appunto pare scivolare di gradino in gradino per un difetto di visione: fino a che non si capovolga lo schermo e risistemi il piano.

Quando si legge il proprio, l’accaduto è troppo vicino e non parla. L’interpretazione resiste armata: il tono piatto della non esistenza. Nemmeno ti vien da ridere, ma passi sopra – tu, l’autore – come chi è sordo e schifa la voce.

Da “La superpotenza”, le poesie di Giuseppe Cornacchia – (XIX) Cos’è questa voce

[Ho scritto poesie tra i venti e i trent’anni, quest’anno ne compio quaranta: e’ il momento di una prima verifica di tenuta. Presentero’ in questa rubrica i venticinque testi inseriti nel recente volume “La superpotenza” (2012, ed. ilmiolibro.it) e raccolti sotto il titolo “Dell’iris ho il tramorto”. Costituiscono, a questo momento, il corpus ufficiale della mia produzione. A voi. GiusCo]

COS’È QUESTA VOCE

… cos’è questa voce che dite
io ho. Non sento, non l’ho.
Questo corpo nel quale mi sistemi.
Dulcinea!
Di te mi resta il nome e dunque l’ho.
Non sbatte porte eppure vive,
mi spinge a uscire,
costringe al passo membra stanche
ma stanco non sono, corpo non ho
non sono chi dici io sia.
Dulcinea. Non posso vivere
ma detto a tuo padre, a tua madre, ai tuoi amici,
sarete gli stessi con me?
Non importa, cosa vuoi che m’importi…

© Giuseppe Cornacchia

Pubblicata su carta a Settembre 2012 in La superpotenza, venti anni di poesie, scritti e traduzioni da G.Cornacchia e A.Rendo, ISBN 9788891027474

Transiti – Francesco Lauretta

Transito I

Ho visto passare dalla porta che s’apre in cucina verso la tana, il cesso e le stanze da letto, mio padre. Era di corsa col suo bastone, la tuta Adidas.  Fino a ieri e per tre anni è rimasto immobile nella sua tana. Mentre correva in quello breve spazio batteva il bastone per terra e ansimava, Ahi, ahia, ahi! Una scheggia è stato, un lampo che sono riuscito a vedere in un rallenty che mi ha commosso.

Transito II

Una scheggia. Mentre sorseggiavo un sorbetto spagnolo acquistato da Pitima dopo mare, in costume da bagno e bruciato, infarinato di sale e rena abbrustolita, in cucina, ho visto, superati i tre gradini che partono al corridoio che sboccia nella tana a sinistra e nel cesso e le altre stanze della casa a destra, un lampo, annunciato dalla zoppia percussiva ora forte ora spazzolata, la corsa. Di corsa ho visto passare mio padre, in novanta centimetri d’area, una corsa folle di lui in tuta da ginnastica e il suo bastone. Un lampo di stupore che mi ha commosso: erano tre anni che non riusciva a smuoversi dalla sua tana che già una bara, pareva. Un trasloco, urlava lui, Ahi, ahia, ahi, e il bastone, appresso, l’accompagnava.

Appunti dal buon senso senza senso (49) – Angelo Rendo

Mai nessuno parla, le scritture paiono morte, gli angoli si aprono rettamente, gli spazi fra le righe, le rotture, i leggeri rimandi, la stoltezza delle chiuse, la doppia g scalare che si combina con le altre consorelle sotto e sopra sparse nel niente più assoluto, in un affondo verbale, in un taglietto obliquo sulla pagina. Tutto è dentro tutto per ogni dove, l’accumulo non è degno di nota, non è percuotibile, né esplosivo. Briciola dopo briciola fa festa al mille volte grande.

Ho aperto una pagina Facebook: LIKE-atemi numerosi, pirati!

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Da tempo la forma blog e’ in crisi e molto del flusso passa oggi per Facebook. Flusso indistinto ma comunque flusso, mentre qui si fa la polvere. Ho dunque voglia di buttarmi un po’ nel magma ed ho aperto una pagina a https://www.facebook.com/GiusCornacchia . Commentero’ i testi di chi vorra’ postarne e seguiro’ gli spunti, come vengono. LIKE-atemi numerosi, pirati!

Da “La superpotenza”, le poesie di Giuseppe Cornacchia – (XVIII) Anatema

[Ho scritto poesie tra i venti e i trent’anni, quest’anno ne compio quaranta: e’ il momento di una prima verifica di tenuta. Presentero’ in questa rubrica i venticinque testi inseriti nel recente volume “La superpotenza” (2012, ed. ilmiolibro.it) e raccolti sotto il titolo “Dell’iris ho il tramorto”. Costituiscono, a questo momento, il corpus ufficiale della mia produzione. A voi. GiusCo]

ANATEMA

Anatema iettaris in catacumene
e suo fratello U.E.D.A. (vaccarella)
ignoti alle cantine, scavalcavano
recinzioni, cancelli, per giocare a pallamuro
e fare le olimpiadi: cinque alberi,
sette alberi, lancio della pietra,
cento metri, salto in lungo, giro
della pista. Organizzava U.E.D.A.

© Giuseppe Cornacchia

Pubblicata su carta a Settembre 2012 in La superpotenza, venti anni di poesie, scritti e traduzioni da G.Cornacchia e A.Rendo, ISBN 9788891027474

Diritti editoriali, pirateria ed i miei (nonche’ altrui) materiali letterari.

Come certamente sa chi mi segue, sono in possesso di tutti i diritti editoriali sul mio materiale letterario (poesie, traduzioni, racconti, brevi saggi, teatro, commentario sparso sul web) e ho lungamente scelto di condividere tali robe a gratis qui su nabanassar e sul mio sito personale giuseppecornacchia.com

Da un paio di mesi, pero’, qualche simpaticone/a si diverte a mettere tutto su piattaforme di file sharing. Ovviamente, c’e’ un copyright infringement grosso quanto una casa: che io decida di condividerli in licenza d’uso personale non significa che possiate allegramente rilanciarli su piattaforme sharing. Sono stato giovane anch’io e anti sistema anch’io, ma sempre rispettando il lavoro altrui.

Alla terza volta che ho dovuto chiedere ad un gestore di piattaforma di rimuovere le robe, tre giorni fa, mi sono girati i maroni. La battaglia contro la pirateria e’ persa in partenza, ma abbiate ben chiaro quanto segue: *NON CONSENTO L’USO PUBBLICO DI MIO MATERIALE (se non a fine di citazione e in modica quantita’) A NESSUNO*. Non c’e’ licenza Creative Commons sulle mie robe.

Ho eliminato dal mio sito personale i web-magazine Pseudolo (1998-2002) e Nabanassar (2002-2009) perche’ stanco di vedere trafugato il magazzino: non solo materiali miei, anche materiali di terzi che potrebbero volersi rivalere su di me. Il tutto, senza neppure un cenno di richiesta o ringraziamento. Da questo momento, tutte le robe prodotte da terzi e rilasciate / concesse sui siti che gestisco o ho gestito in passato, non sono piu’ disponibili al pubblico.

Tutti i miei materiali sono invece disponibili A PAGAMENTO (modico, ma si paga) in versione Kindle e audiolibro su Apple Store e Amazon Store. Questo letterario e’ un mondo di grandi fanfaronate, pochi straccioni per bene e tanti pezzenti che fanno i furbi. Motivo per cui: fottetevi tutti.

Appunti dal buon senso senza senso (48) – Angelo Rendo

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Ai margini del linguaggio, negli scolatoi tutta la materia sottile di questo mondo, fine ed errabonda: il cervello. La cui pellicola, la lingua, per gravità penzola e pondera.

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Una piazza nel 1920 e una piazza nel 2013. La seconda, malata di luci e bende, gratta le sue croste e vomita acciaio, rigurgita files, la prima lascia affiorare formiche.

Appunti dal buon senso senza senso (47) – Angelo Rendo

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La sicumera è il dono dell’orrore. L’arzigogolo sussiegoso, maldestramente prendendo di petto la reverenza per ogni essere vivente, mima un informe gesto di potere; l’aspro popolo è piallato. Ogni asperità eliminata s’infiltra e inquina il senso. La sordità totale oscura la mente, mentre un’invisibile sacca apparecchia i transiti da una parte all’altra.

Da “La superpotenza”, le poesie di Giuseppe Cornacchia – (XVII) Verde

[Ho scritto poesie tra i venti e i trent’anni, quest’anno ne compio quaranta: e’ il momento di una prima verifica di tenuta. Presentero’ in questa rubrica i venticinque testi inseriti nel recente volume “La superpotenza” (2012, ed. ilmiolibro.it) e raccolti sotto il titolo “Dell’iris ho il tramorto”. Costituiscono, a questo momento, il corpus ufficiale della mia produzione. A voi. GiusCo]

VERDE

Pianeta, paradiso delle piante,
Isola del Profondo; non c’è Uno
ma un unico vettore mentale
secerne la sostanza. Questa tende
ad infiorare giallo rosa in spore
che vivono d’azoto.
Il fungo vive e sente, sta aspettando
di farsi massa critica
e dirsi senso. Non sarà nemico.
Con fili delicati
intessiamo la rete
che scaldi l’anima.

Nella grande comune del Pianeta
un altissimo bianco pino
è la nostra promessa
non ripetere la tragedia della Terra.
Orfani tra gli eoni
alziamo fiamme al cielo
per alimentarne le colonie.

© Giuseppe Cornacchia

Pubblicata su carta a Settembre 2012 in La superpotenza, venti anni di poesie, scritti e traduzioni da G.Cornacchia e A.Rendo, ISBN 9788891027474