QUE LEGAL – Angelo Rendo

[Che sia un infame, l’aforisma, dubbio non c’è; lui, che per la sua balbuzie mai vien preso sul serio, ha bisogno del morso, del ghetto, come quell’uomo che pare non c’abbia colpa. A quel punto, che è poi questo sotto, se ne può godere, e ridere.]

La legalità è forza estinta nella gentilezza.

CAPPUCCETTO LUPO – Angelo Rendo

[Lupo, uno si domanda, ma come? Come è riuscito a diventarlo? Come ha fatto? E come si fa ad avere una faccia da lupo? E con la mimica che tiene, non vedete, come la mettiamo? Allora!?
È una storia breve breve, per mangiarti meglio, o lupo.]

L’ecumenico è tutto il mondo è paese. La freddezza giudizio.

DA QUI AL RITORNO DELL’ETERNITÀ – Angelo Rendo

So di aver acquistato un libro una manciata di anni fa, ne ricordo a stento il titolo; l’autore, invece, che è disonorevole sia finito dentro questa scia luminosa e momentanea, lo ricordo benissimo. È tutto quel che posso dire, ora che è ritornato in sé. Mi piange il cuore a saperlo rinchiuso nella memoria, non la mia. Potrei andarlo a visitare, come potrà fare chiunque si trovi in possesso di un dispositivo. È un sempredesto che annulla l’alea delle lapidi, della loro resistenza. Ha un’anima immortale, indistruttibile; vaga e vagherà da qui al ritorno dell’eternità. Tutto è fermo, senza fiato.

UN INCHINO – Angelo Rendo

Arriva suonando il clacson, si ferma davanti alla porta, grida scomposto Un’e reci*! Sono di spalle, mi giro, lo guardo come non lo vedessi e gli chiedo “Quantu? Una ‘i ‘nchilu??”, trasformando in domanda l’esclamazione, senza dubbio disturbata, Una ‘i ‘nchilu, che camuffa e deturpa il ben più cerimonioso Un inchino, e stabilisce un nesso fra il chilo, il poco peso tributato ad una persona al posto dell’inchino, e il chino, il pieno. Contro il vuoto che avanza. Ribadisce No, una ‘i reci.

*Una bombola da 10 kg

Credits: Dario Vanasia mi ha sciolto ogni dubbio sull’origine della paronomasia (un’e ‘nchilu/un inchino); per ciò lo ringrazio.

Ansia da telefono – Angelo Rendo

Non me lo leva nessuno dalla testa che l’operatore del call center di oggi abbia di proposito prolungato la mia attesa al telefono con musichetta per oltre dieci minuti – trascorsi i quali io ho interrotto la chiamata – per il semplice motivo che non ce la faceva a riprendere, era piegato in due, dopo avermi sentito ruttare ore rotundo – quei rutti che malauguratamente scappano quando si è sovrappensiero, sapete -. Non ce l’avrebbe mai potuto fare a rimettersi in cuffia. Musichette per me, rutto per lui, o loro. Non mi aveva ancora lasciato del tutto, che io m’ero già messo a mio agio, scordandomi dell’ansia da telefono.