Tre settimane di poesia nei lit-blog italiani (X)

[Siamo molti o siamo pochi? Siamo moderni o post-moderni? Siamo presenti o trapassati? 1000 euro o 100 euro? Pari tra i pari o dispari tra i dis-pari? GiusCo]

Giorgio Linguaglossa: artefatti sapienziali prosastici con venature basso-espressioniste (2 Set 2012, moltinpoesia, http://moltinpoesia.blogspot.it/2012/09/giorgio-linguaglossa-sette-poesie-da-la.html)

Filippo Ravizza: incantamento che si mantiene morbido in tutte le composizioni (3 Set 2012, margo, http://maurogermani.blogspot.it/2012/09/filippo-ravizza-la-quiete-del-mistero_3.html)

Fabio Teti: a-lirismo tenue, di controllata e ricercata macchinosita’ (3 Set 2012, nazione indiana, http://www.nazioneindiana.com/2012/09/03/b-t-w-d-h-15-poesie-da-nel-malintendere-2009-2012/)

Luigi Socci: scintille argute d’amor sublime in precipitati boccacceschi (5 Set 2012, nazione indiana, http://www.nazioneindiana.com/2012/09/05/da-lamore-vince-sempre-e-non-fa-prigionieri/)

Ennio Abate: cronachistico e politicheggiante, con punte di indignazione ben formate (5 Set 2012, moltinpoesia, http://moltinpoesia.blogspot.it/2012/09/ennio-abate-nove-poesie-da-la-polis-che.html)

Margherita Rimi: bozzoli da un privato infantilizzato e autoalimentato (6 Set 2012, Imperfetta Ellisse, http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/617-Margherita-Rimi-Era-farsi.html)

Corrado Benigni: levigata giurisprudenza discorsiva in lingua e misura razionali (9 Set 2012, le parole e le cose, http://www.leparoleelecose.it/?p=6340)

Anna Maria Farabbi: Un nucleo scarno che insiste e riesce a farsi piu’ grande di se’ (9 Set 2012, via delle belle donne, http://viadellebelledonne.wordpress.com/2012/09/09/due-poesie-di-anna-maria-farabbi/)

Giancarlo Majorino: non accade niente se non il lento e ritmato fluire dell’esistere (12 Set 2012, Imperfetta Ellisse, http://ellisse.altervista.org/index.php?/archives/618-Giancarlo-Majorino-da-La-solitudine-e-gli-altri.html)

Eugenio Grandinetti: ispirazione e sapienza secolari in forma scorrevolmente calibrata (13 Set 2012, moltinpoesia, http://moltinpoesia.blogspot.it/2012/09/eugenio-grandinetti-due-poesie.html)

Andrea Longega: minima mitologia locale e selvatica, arricchita dal dialetto veneto (14 Set 2012, absolute poetry, http://www.absolutepoetry.org/Andrea-Longega-Co-un-filo-de-vose)

Francesca Genti: delicato il mondo quando e’ scritto in rosa, si spera l’amarezza sia una posa (14 Set 2012, nazione indiana, http://www.nazioneindiana.com/2012/09/14/nuove-poe-2/)

Paola Loreto: nitidezza ed interrogazione in testi rivolti piu’ a se’ che all’esterno (21 Set 2012, Poesia – Corriere della Sera, http://poesia.corriere.it/2012/09/la-montagna-e-la-mente-nella-n.html)

su antologie illustri e modi di stare al mondo

[Dai commenti in calce ad un post sull’ultima antologia Einaudi dedicata alla poesia femminile, in le parole e le cose, uno spunto sul dove siamo e sulle impossibili maniere di rimetterci in rotta. GiusCo]

Giuseppe Cornacchia: Io credo occorra stare molto terra terra quando si parla di antologie, perche’ la collocazione pubblica della poesia in Italia negli ultimi 20 anni e’ veramente precipitata, assieme alla sua percezione presso i non specialisti. Molte migliaia di persone scrivono versi e alcune migliaia ne pubblicano ogni anno a pagamento. Ci sono decine e decine di case editrici regionali, provinciali, individuali che sono a tutti gli effetti vanity press. La gente si stampa, si fa leggere dagli amici di parrocchia, si costruisce un CV e si crede poeta. Dall’altra parte, le 2-3 case editrici dal catalogo storicamente importante si sono dedicate ad esperimentini su base sociologica (Einaudi) o a perpetuare una linea culturale ormai imbalsamata (Mondadori). Sia le une che le altre incidono zero su quel che sta all’esterno dello stagno poetico, inclusa la pubblicistica (che preferisce citare le canzonette invece dei versi dei poeti, che peraltro nemmeno conosce). Fra la cooptazione all’italiana e il todos caballeros di chi paga, non vedo grandi differenze di qualita’ letteraria, almeno nelle punte piu’ alte. Credo anche che la medaglia piu’ pesante sia oggi stare *fuori* da qualsivoglia antologia e *fuori* da qualsivoglia operazione editoriale a pagamento. Con ilmiolibro, in questo 2012, si stampa on demand con ISBN e non si cedono i diritti sul proprio materiale a nessuno, ad un costo che ormai sta sotto i 100 euro l’anno. Non si spedisce il proprio libro a nessuno, non si fa parte di nessun circolo pseudo-amicale e si evita di finire nelle ragnatele che portano a commenti come quelli di Cohen, sospesi tra una pretesca e finta innocenza su come va il mondo reale e la consapevolezza che il peso specifico di tutta la carta che cita e’ esattamente pari a zero (a parte che per i presenti e per i parenti).

Ennio Abate: Questa lucida diagnosi mi pare un buon punto di partenza per porre il problema di come essere positivamente molti in poesia oggi.
Si può continuare imitando i vecchi riti dell’epoca dei pochi in poesia e darsi da fare, appunto, producendo antologie, che pescano qualcosa del mare magnum turbolento e in parte ignoto della produzione poetica attuale o che passa per poetica; e inevitabilmente, essendo comunque tante le antologie e spesso costruite approssimativamente (poiché il lavoro critico è stato dismesso o è anch’esso in condizioni precarie), il loro effetto sarà limitato: al vociare dissonante della massa poetante non si può che sostituire un vociare appena meno dissonante e incerto o pretenzioso, dei poeti selezionati o “emergenti”.
Si può prendere atto di una cesura storica, evitare di proseguire coi vecchi riti, porsi seriamente o come singoli o come gruppi il problema di come essere positivamente molti in poesia oggi imponendosi i compiti che ne derivano: costruire una nuova estetica, una nuova critica, una nuova politica editoriale (e quindi frenare la voglia di pubblicazione a tutti i costi, frenare la produzione a catena di montaggio di testi, andare in direzione di quella ecologia della scrittura e della lettura che una volta F. Fortini consigliò…)
Stare *fuori* (e non solo da qualsivoglia antologia o da qualsivoglia operazione editoriale a pagamento) ha un senso se si lavora pazientemente e con determinazione ad un’altra prospettiva. Altrimenti sembra che ci si metta da soli in castigo o ci si distingua moralisticamente dagli altri.
Ci vuole un’altra prospettiva.

Manuel Cohen: @Giusco. Si dice da tempo che la poesia italiana viva nell’autoreferenzialità. Lei suggerisce che ognuno si stampi da solo: bene, all’autoreferenzialità aggiungiamo un surplus di monadismo. Complimenti per le sciocchezzze.


Le tre posizioni sono dunque chiare: una, di chiaro rigetto e dunque di isolamento da quelli che comunque sono pur sempre, sociologicamente, i pari in questo settore. Una seconda, di paziente lotta dal di dentro, provando a costruire una pratica diversa cercando alleanze tattiche. Una terza, di non guardare a questi aspetti contingenti e di rimanere sulle cose presuntamente belle, sui testi. GiusCo

I R.E.M: la storia – Stefano Ferreri

<<D’ora in poi dovremo fare a meno degli R.E.M. E al di là dell’eleganza della loro uscita di scena e del riconoscimento di quanto, tutto sommato, quest’uscita di scena potesse essere considerata addirittura opportuna, un po’ di magone, a molti di noi, rimarrà per un bel po’. Ed è già chiaro cosa non potremo evitare di fare. Staremo dietro a Buck e alle sue mille collaborazioni, ovviamente, seguiremo Mills tra i suoi tributi ai Big Star e i suoi progetti solisti, e cercheremo di capire se quel cinquantenne eccentrico e barbuto che Michael Stipe è diventato avrà la voglia di sottrarre un po’ del suo tempo alle sue fotografie e alle sue sculture e alla sua invidiabile vita da intellettuale newyorkese per farci sentire ancora quella voce che un qualche dio benevolo un giorno ha deciso chissà perché di mettergli in gola, perché la adoperasse nel modo sbalorditivo in cui è riuscito ad adoperarla in questi trent’anni passati a incidere i nostri nervi e le nostre carni cantando alcune delle canzoni più grandiose che ci sia mai capitato di ascoltare>>.

E’ passato ormai quasi un anno. Il magone citato su Ondarock da Giovanni Dozzini in questa bella recensione di ‘Part Lies, Part Heart, Part Truth, Part Garbage’ , l’antologia definitiva del gruppo di Athens, rimane e rimarrà chissà per quanto. La consapevolezza che di una bella storia si sia trattato è però consolazione sufficiente. Un concetto che già avevo espresso a caldo e che ora mi sento di ribadire, nell’intro a questa personalissima (e senz’altro discutibile) classifica degli album del gruppo che spero possa essere solo la prima scritta per questo blog.

 17. Collapse Into Now  (2011 – 4,5)

Dopo averli visti dal vivo per la quinta ed ultima volta, settembre 2008, capii che i R.E.M. erano finiti. Una percezione dettata dalla stanchezza, che mi parve evidente nonostante l’impegno realmente ammirevole, e che forse era un po’ anche mia. Avrebbe dovuto finire con quel grande tour la loro avventura, sarebbe stato perfetto. Il problema di ‘Collapse Into Now’, in fondo, sta tutto in questo ritardo non più giustificabile. Nessuno avrebbe preteso la reinvenzione della ruota a questo punto, nessuno gli avrebbe chiesto un’urgenza di cui si erano perse le tracce ormai da parecchio tempo. Una chiusura più decorosa sarebbe stata sufficiente, in pratica un addio in silenzio, ma per troppo amore verso i fan hanno commesso un ultimo passo falso, uno dei pochi peraltro. Pur con tutta la buona volontà, mi tocca ammettere che ad oggi non riesco a riconoscere‘Collapse Into Now’ come un loro album. L’ho ascoltato pochissimo e dubito, soprattutto, che lo ascolterò ancora in futuro, non posso farci niente. Il songwriting è appannato come non mai, la produzione magniloquente ma dozzinale, il sound inutilmente muscolare e Stipe spesso poco convinto e poco convincente. La band fa quello che può con il mestiere, in un ambito di riferimento (sbrigativo pop-rock mainstream da stadio) francamente avvilente per chi ha amato fino allo stremo le ballate introspettive ed il jangle-pop degli anni d’oro. Encomiabile il vecchio Buck, l’unico a tenere su la baracca per quanto possibile, anche se l’inflazione di pezzi veloci e rombanti non riesce a silenziare un vuoto di idee generalizzato e disarmante, ben reso dalla (oggettivamente bruttissima) copertina. Il fatto che ‘Überlin’ sia l’episodio migliore, dice praticamente tutto. Continua a leggere

Appunti dal buon senso senza senso (12) – Angelo Rendo

La volgarità nasce dalla lamentazione. Dove manca la gioia di vivere e il sereno accoglimento della scomparsa, tutti i sentimenti pienamente plebei si allineano e cercano la presa sotto braccio; alle volte ci riescono e bisogna accettarlo.

L’innologia dovrebbe comprendere i versi del gemito dolente, articolati in forma d’uggia e maledizione. Per un centesimo di differenza / ve la fareste mettere in culo.

Infatti, un uomo, che – solleticato dalle influenze del volgo – inizi a iniettare nella sua mite conduzione sostanze dense e vetrose, creperà la vena primaria, che con ipocrita finezza andrebbe protetta.

Introduzione a “In forma” – Federico De Leonardis

Non mi posso soffrire 

Montaigne, Saggi II

Sentirsi in forma, essere in forma. Che vuol dire, chi è in forma e per quale impresa?
In realtà questo linguaggio da palestra mi è completamente estraneo: odio lo sport e la parola in bocca a chiunque la pronunci seriamente mi fa drizzare le antenne a scopo difensivo. Accetto che qualcuno possa farsi una nuotata sistematica o possa inseguire un pallone in mutande curando la forma del proprio corpo e tutto il resto, ma deve avere vent’anni o giù di lì. Se supera quell’età, lo guardo con sospetto: gli deve mancare una rotellina. Dopo di ciò è facile capire cosa posso pensare di quelli che si appassionano alla forma degli altri.
So perfettamente che queste mie affermazioni mi renderanno antipatico alla stragrande maggioranza di quelli che le leggeranno. Continua a leggere