Fino all’ottobre scorso ero solito segnare nell’occhiello del libro appena comprato il luogo, la data e l’ora dell’acquisto. Il luogo e la data e l’ora di nascita al mio tatto e al mio intelletto del libro. Così esso risultava, classico o di recente pubblicazione che fosse, per sempre giovane, o quanto meno in pari col mio tempo interiore di lettore eterno che invecchia.
Da otto mesi ho perso questa abitudine, noto, subendo ahimè il tempo esteriore della regalità e della pincopallineria; l’una e l’altra ammorbanti i tempi catafratti odierni, che odiano gli aruspici e le fredde e difformi forme del reale, irragionevolmente in contatto con la pancia del Paese, nell’illusione qualcuno li senta. O le.