Ho finito di leggere una recensione a ‘Paura reverenza terrore’, l’ultimo saggio di Carlo Ginzburg. E mi ha preso un lampo imaginale.
Primi anni del 2000, Pisa, mi dirigo alla stazione per andare chissà dove.
Sotto le logge di viale Gramsci mi imbatto in Ginzburg e Adriano Sofri. Il primo in talare rosso ponsò e galero è tutto orecchi per il secondo in clergyman e collarino bianco, ciondolante e stanco. Mi faccio il segno della croce.
