LE CREAZIONI DEL SUONO (Wallace Stevens – trad. Angelo Rendo)

Se la poesia di X era musica,
che gli veniva da sola,
senza nemmeno comprenderla, uscendo dal muro

o sul soffitto, dentro suoni non scelti,
o scelti velocemente, in una libertà
che era il loro elemento, non sapremmo

che X è un ostacolo, un uomo
troppo se stesso, e che sono migliori le parole
senza un autore, senza un poeta,

o di un autore separato, un poeta che non è poeta,
che ci cresce dentro e da noi esce, intelligente
al di là dell’intelligenza, un uomo artificiale

a distanza, un espositore secondario,
un essere di suono, al quale nessuno si avvicina
uscendo fuori dal seminato. Da lui, raccogliamo.

Dite a X che la lingua non è silenzio sporco
ripulito. È un silenzio ancora più sporco.
È più di un’imitazione per l’orecchio.

Egli non ha questa complicazione venerabile.
Le sue poesie non sono della seconda parte della vita.
Non complicano la vista del visibile

né, riecheggiando, conducono la mente
su trombe particolari, a loro volta spinte
dalle peculiarità spontanee del suono.

Non ci diciamo come nelle poesie,
ma in sillabe che nascono dal pavimento,
lievitando come parole impronunciabili.

THE CREATIONS OF SOUND

If the poetry of X was music,
So that it came to him of its own,
Without understanding, out of the wall

Or in the ceiling, in sounds not chosen,
Or chosen quickly, in a freedom
That was their element, we should not know

That X is an obstruction, a man
Too exactly himself, and that there are words
Better without an author, without a poet,

Or having a separate author, a different poet,
An accretion from ourselves, intelligent
Beyond intelligence, an artificial man

At a distance, a secondary expositor,
A being of sound, whom one does not approach
Through any exaggeration. From him, we collect.

Tell X that speech is not dirty silence
Clarified. It is silence made dirtier.
It is more than an imitation for the ear.

He lacks this venerable complication.
His poems are not of the second part of life.
They do not make the visible a little hard

To see nor, reverberating, eke out the mind
Or peculiar horns, themselves eked out
By the spontaneous particulars of sound.

We do not say ourselves like that in poems.
We say ourselves in syllables that rise
From the floor, rising in speech we do not speak.

RESET – Angelo Rendo

È venuto da Marina di Ragusa, in vesti da lavoro e con una lisa magliettina a maniche corte, bello in carne e gioviale, accaldato, settantenne direi. Iperteso, diabetico, ma magari no. Si carica la bombola e sorride. Ridiamo guardandoci. E che cosa dobbiamo fare, ci hanno rizzittati (rassettati, riposizionati, resettati, azzerati) esclama in dialetto. Non c’è scampo, mi rimbecca, lei ha la mascherina, ma non c’è mascherina che tenga. Rimarrà chi è più forte. Dopo cinque minuti arriva un altro, in pantaloncini, lo stoppo subito, prima che esprima la sua richiesta, Anche lei viene da Marina di Rg, vero? Sì, è da due settimane che sono in pantaloncini. Ha ricci fitti, a guisa di anelletti per la pasta alla Norma, incollati al cranio, e l’occhio ha giurbino.

LETTERA ALL’EPIDEMIA – Angelo Rendo

La società non si invera nell’eros, e nemmeno v’è profondità che possa perdersi nel rito, bisognerà vedere quanto larga la visione che informa gli officianti.
Proprio la parola-schermo, il logos imperante – che è anima del dispositivo – proietta su un palcoscenico e fa meta- di tutto, sperimentalismo e riscrittura.
Quale palcoscenico – che benedizione! – Siamo fuori dalla socialità, dalla sua scontatezza, e colui che parla tra di noi è il primo, e l’ultimo, agapico e senza nome.
Lontani dalle falsi luci, l’inganno annidandosi al livello certificato dal ruolo sociale.
Ma non si dà pienezza senza il capovolgimento del fronte: desacralizzare il flusso metastatico-evolutivo, impietrirlo.

Si è spento, allenterà la presa finché io stesso non lo risveglierò.
Non basta misurare la distanza fra due individui, il caso di luce fioca ammanta il male senza che nessuno possa.

Non credere che la parte più segreta e generativa sia fatta d’intenzione o che sull’intenzione possa darsi il dispiegamento delle forze alate.

Così il cervello è stato deregolamentato, e finito negli ingranaggi iposonici. E nell’andirivieni tecnofilosofico le forme si slabbrano, si spargono, e riorientano verso la nullificazione dell’esperienza.

NON ASCOLTATE I POETI – Angelo Rendo

I poeti sono noiosi, non raccontano niente, tengono tutto per sé. E nulla sanno, tutto hanno dimenticato. Non fanno mistero su quel che accadrà. Non contano frottole, né accampano un sistema, sono là, a due passi da te, non si curano. Tossiscono, starnutiscono. Non danno una mano.

Quando parlano, sette, o sette volte su sette, sono immuni dalla poesia. Chi li ascolta guarisce da un male che non ha, chi no s’ammala.

UN PALO – Angelo Rendo

Un palo della luce copre una minima porzione di mare, che una cerniera lontano sovrasta e per sempre chiude. Alla sua sinistra, un grande vaso di plastica, senza convinzione alcuna, ospita una meditabonda e smunta cycas; ha un fianco fessurato, e si strugge di non poter osservare il volo di un gabbiano, essendo storto, ferito e chiuso alla vista da un prepotente sedile in pietra di Comiso. Del muretto, in basso, infero, non conta fare parola, è bassissimo e lacrimoso. Gli oleandri e le palme nane, a destra, invece, trattengono i venti di ponente e fanno ombra, mentre il cocus, ritto nel tronco ma spazientito nelle chiome, mira al palo, alla sua inerzia.

IL FUOCO DELLA DISCRIMINAZIONE – Angelo Rendo

Dalla cultura, dall’intelletto a vista, dalle grandi letture, o dallo studio, e dalla curiosità redenta promanano il fetido, il carcere, il compartimento, la classe. Un sistema. Chiaro e tondo.
Come un anatema o un’invettiva cade, e salta i fossi, limita le frequenze, così abbassa gli occhi pieni di protervia chi è seduto bene e se ne vanta, mentre il fuoco della discriminazione a lui concede non più di due secondi prima di condurlo via.

Di fronte alla morte non vi è corpo che possa sparire o anima fatta di vento che possa farsi turbine e incenerire gli intelletti che parlano tramite la consueta bocca.