Sylvia Plath tradotta da Giuseppe Cornacchia (I) – Lady Lazarus

LADY LAZARUS (l’originale in lingua, la traduzione di Giovanni Giudici)

L’ho fatto di nuovo.
Un anno su dieci
Mi riesce –

Un miracolo in moto, la mia pelle
Vivida come un lume nazista
Il mio piede destro

Un fermacarte,
Il mio viso un tenue, inespressivo
Lino ebreo.

Rimuovi il velo,
Nemico mio.
Faccio tanta paura? –

Il naso, le orecchie, la dentatura?
Il fiato acido
Passera’ in un giorno

Presto, molto presto, la carne
Consumata dal sepolcro sara’
Di nuovo in me

Ed io una donna sorridente.
Ho solo trent’anni
E, come un gatto, nove vite da morire.

Questa e’ la numero tre.
Un sacco d’imballaggio
Da scartare ogni decennio.

E quanti fili!
Una folla sgranocchiante
Si accalca per guardare

Lo sbendaggio, mani e piedi –
L’atteso spogliarello.
Signori, Signore,

Ecco le mani,
I ginocchi.
Saro’ pelle e ossa

Ma resto la stessa, identica donna.
La prima volta e’ successo a dieci anni.
E’ stato un incidente.

La seconda volta ho cercato
Di finirmi e non tornare.
Mi stavo chiusa

Come un’ostrica.
Dovettero chiamarmi e richiamarmi
Spillando i vermi come perle appiccicose.

Morire
E’ un’arte, come tutto il resto,
Che faccio egregiamente.

Lo faccio che semba l’inferno.
Lo faccio che sembra vero.
Si puo’ dire che ci sia tagliata.

E’ cosi’ facile da farsi in una cella.
E’ cosi’ facile da farsi stando ferma.
E’ il teatrale

Ritorno in pieno giorno
Al consueto luogo,viso, urlo
Bruto e divertito:

“Miracolo!”
Mi fa morire!
Ma c’e’ un prezzo

Per guardarmi le ferite, c’e’ un prezzo
Per auscultarmi il cuore –
Va, nevvero?

E c’e’ un prezzo, molto alto,
Per una parola, una toccata,
Una goccia di sangue

Una ciocca o una toppa del vestito.
Dunque, dunque, Signor Dottore.
Dunque, Signor Nemico.

Sono il vostro capolavoro,
Sono il vostro tesoro,
Il pargoletto d’oro

Che si scioglie in uno strillo.
Io fo e disfo’,
Mi curo anche dei vostri patemi.

Cenere, cenere –
Voi soffiate e attizzate.
Carne, ossa, niente qua –

Un pezzo di sapone
Un anello nuziale
Un dente tutto d’oro.

Signor Dio, Signor Lucifero,
Attenzione
Attenzione.

Dalle ceneri emergo
Coi miei capelli rossi
E, come un soffio, uomini divoro.

© Giuseppe Cornacchia, Gennaio 2013

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