L’ingegner Pasquale Giannino, ex ricercatore Nokia-Siemens, va a lavorare nella letteratura, aprendo un’agenzia di valutazione/instradamento editoriale (New Writing Factory) assieme all’ingegner Roberto Vacca, divulgatore molto noto a livello nazionale e all’eclettico scrittore milanese Franz Krausphenaar. Il cerchio si e’ chiuso: il figlio del sud che tanto ha studiato, si e’ ricongiunto alle radici: anche i tecnici hanno un cuore, liddove la voce pubblica della professione e’ sempre piu’ rarefatta. Real Italian Epic 2010.
E sono dieci anni che qui in “nabanassar” cerco tecnici che facciano letteratura a livello serio, partendo dai propri studi, senza finire nell’escapismo dei generi o nelle distopie della fantascienza. Modelli canonici: Dostoevskij, Musil, Gadda, Sinisgalli. L’augurio alla New Writing Factory dell’ ing. Giannino e’ che possa scoprire talenti in questo senso. Sarebbe auspicabile creare sinergie con editori ugualmente intraprendenti, magari immaginando una vera e propria collana letteraria di tecnici/scienziati, ma questi sono discorsi posteriori. Per il momento, buon inizio a voi.
Ecco il comunicato stampa di lancio sul blog “la poesia e lo spirito”.
Mi pare che un tecnico serio tu l’abbia trovato: Pasquale Giannino.
Fra l’altro, su “Repubblica” di qualche giorno fa(http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/01/13/il-nuovo-neorealismo-romanzi-riscoprono-il-paese.html), Spinazzola rilancia il neorealismo!
Infine, non capisco perché ridursi ad un “Sarebbe auspicabile […]una vera e propria collana letteraria di tecnici/scienziati”. Questo è escapismo distopico, senza più e senza meno. Come è genere la nominazione “ingegnere” data a Giannino e Vacca, io toglierei le abbreviazioni professionali.
Per quanto riguarda la “Nuova Fattoria di Scrittura”, sono per il singolo che si arma più che per il singolo che si affida. Il tutoraggio è l’anima di un’epoca senza midollo.
La mia parte migliorista, da politburo cinese… immagino che i colleghi tecnici ancora sentano soggezione rispetto alle scritture mainstream e al mestiere letterario proprio (i miei amici pisani ad esempio… ingegneri e informatici che si dicevano interessati al mezzo ma prediligevano fumetti, letteratura fantastica o cinema) e che dunque una nominazione diretta, ingegneristica, in Vacca/Giannino possa far capire che c’e’ spazio, che non e’ detto che l’unico rifugio sia il genere e la soggezione culturale; e’ anche vero che l’editoria grossa ha gia’ scoperto il filone, ma ancora e’ superficie.
Interessante l’articolo di Spinazzola, che appunto gratta la superficie dell’editoria grossa.
Caro Giuseppe oramai siete rimasti in due a chiamarmi ingegnere: tu e il mio salumiere. D’altra parte oggi il titolo non si usa più. Come sai provengo da San Donato di Ninea, un paesino sperduto fra le montagne del Pollino. Io ci sono cresciuto fra quelle montagne, a quei tempi erano popolate da lupi e briganti. O almeno così le immaginava il mio cuore di fanciullo. La gente vestiva in modo semplice, solo nei giorni di festa si indossava l’abito buono. Ed era sempre lo stesso… Una volta il mio maestro delle elementari mi vide per strada insieme ad altri ragazzini. La strada era il nostro svago, altri modi per divertirci non ne avevamo. I nostri coetanei del nord avevano le piscine, i parchi giochi, le giostre… Noi nulla di tutto questo. Il nostro gioco preferito era il nascondino: a ‘mmucciareddra. Si correva a frotte, per i vicoli e le scalinate, in cerca di un posto sicuro per non essere trovati. Bastava una botte, una catasta di legna… Ce n’era tanta di legna ammonticchiata fra le case. La portavano coi motocarri: i ttrirroti, ma si vedeva ancora qualche ciuccio in giro, schiacciato dal pesante carico… Eravamo una decina, ma il maestro chiamò: “Pasqualino, vieni qui, mi devi fare un’ambasciata…”. Era il decano dei maestri, in paese tutti gli portavano rispetto. “Buongiorno maestro,” risposi con un filo di voce “ditemi: cosa debbo fare?” “Prendi questa lettera” mi ordinò con tono autoritario “e consegnala a don Ciccio. Mi raccomando: consegnala personalmente a lui!” Presi qualche secondo di fiato, afferrai la lettera e mi fiondai giù per i vicoletti. Don Ciccio era un uomo di mezza età, alto e allampanato. Proveniva da un paese vicino ed era il direttore della posta: il “don” bisognava darglielo per forza… Durante la corsa pensavo che era una rottura interrompere il gioco, perché il maestro aveva scelto me fra tanti ragazzini? C’era Luca il figlio del fabbro, Francesco il figlio del macellaio, Domenico il figlio del falegname… Io ero figlio di un suo collega: un maestro elementare… Quando arrivai all’ufficio postale non avevo più fiato. Mi sedetti un attimo sui gradini là davanti. Recuperate le forze mi feci coraggio ed entrai. C’era una fila interminabile, per lo più anziani che dovevano ritirare la pensione. Dopo un’ora di attesa finalmente riuscii a parlare con l’impiegato.
“Devo consegnare questa lettera a don Ciccio” gli dissi.
“Don Ciccio è impegnato,” mi rispose burbero “dammela, gliela porto io.”
“Non posso, don Antonio mi ha raccomandato di consegnarla a lui personalmente.”
“Don Antonio? Il maestro di scuola?”
“Sì”
“Aspetta: vado a vedere se si è liberato…”
E poi?… E poi il figlio del sud ne ha fatta di strada. Se n’è andato al nord, ha studiato, si è preso la laurea e ha trovato lavoro. In una multinazionale. E ha imparato che i titoli nelle multinazionali non si usano: ti chiamano per nome. E non importa che tu sia un top manager o l’addetto alle pulizie: nelle multinazionali si è tutti uguali…
Un caro saluto.
Pasquale Giannino
Pasquale, sei davvero tornato alla radice! Ma il titolo di studio lo terrei caro: con tronisti, opinionisti e scienziati della comunicazione a vario titolo, non ho nulla a che fare. Di nuovo in bocca al lupo.