Pasquale Giannino: real italian epic (R.I.E.)

…………………………………………………intervento di Giuseppe Cornacchia……………………

Ho letto il saggio di Roberto Bui sul New Italian Epic, scaricabile qui: http://www.wumingfoundation.com/italiano/WM1_saggio_sul_new_italian_epic.pdf

Documento lungo e sicuramente interessante, da rimasticare senza fretta. Le perplessita’, come sempre quando si vuole recintare una presunta “nuova tendenza” o “tendenza in atto”, riguardano la congruenza dei dati raccolti (i libri esaminati, il contesto socio/letterario nel quale sono inclusi) e la plausibilita’ delle ipotesi che ne dovrebbero scaturire. Siamo in un periodo nel quale tutto si puo’ dire, anche che gli asini volano, per cui non stupisce che le reazioni siano eclatanti e soprattuto che tanta gente prenda queste 18 pagine sul serio; a me pare essenzialmente che un insieme di scrittori noti per la loro “macchinosita’” (concettuale, stilistica o di costruzione del plot narrativo) cerchi di mettersi a testuggine e fare massa critica, anche nei riguardi di eventuali sbocchi all’estero. E’ tutta una cricca? No, e’ semplicemente un manipolo di coraggiosi chiacchieroni molto molto italiano. E’ comunque un’operazione legittima, picarescamente mastodontica e tutto sommato innocua, ottimo fulcro di discussione anche animata. L’appunto sostanziale che a prima vista mi muove e’ che molto di quel che si scrive in Italia, a questo punto, essendo rimastico di americanita’ piu’ o meno mitizzata, possa rientrare nella categoria. E mi trovo a stupirmi di come, invece, gente che scrive molto meno macchinosamente e soprattutto piu’ italianamente (con tradizione che va indietro verso Alvaro e Gadda, fino a Verga, ad esempio), venga ignorata pur avendo tutti i crismi per rappresentare davvero la RIE, real italian epic. Ecco, per dire, l’inizio del racconto di Pasquale Giannino, oggi trentaseienne, ingegnere trapiantato nel milanese, che lascia le sue tracce letterarie sul bloggone “la poesia e lo spirito”:

“Quando mi sento giù ascolto un disco di Renato Carosone. L’ho visto nel ‘91 al teatro di Altomonte. È un paesotto del cosentino a una manciata di chilometri dal mio. A differenza degli altri comuni della zona, che stanno morendo, ad Altomonte negli anni Ottanta c’era un vecchio professore di lettere che ebbe un’idea particolare. Disse: Noi non abbiamo niente in questo piccolo paese, neanche gli occhi per piangere. Però abbiamo un borgo che molti ci invidiano: da una parte le case a forma di presepe naturale, dall’altra un belvedere da restare senza fiato. Per di più siamo nella Magna Grecia, l’unica cosa che ci manca è un teatro…” … il racconto di Giannino continua su:http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2008/05/31/il-maestro-del-buonumore/

La strimpellata del buon Carosone (tu vuo’ fa l’americano, mericano, mericano) riecheggia nel cielo della NIE come il “vita mia” di Amedeo Minghi risuonava nei comizi del sindaco calabrese Cetto La Qualunque, vivida espressione del RIE (real italian epic… qui riprodotto esemplarmente: http://it.youtube.com/watch?v=_DyM9s9J14Y) che ad un tratto vediamo sorpassato da questi eruditi operatori fieristici del book globalizzato. Nemmeno fossimo noi Italia un residuo coloniale cosi’ interessante in ambiti anglofoni, tralaltro, Gomorre a parte.

8 pensieri su “Pasquale Giannino: real italian epic (R.I.E.)

  1. Due parole su Gomorra che ho letto: di “letterario” ci ho trovato ben poco. Il merito di Saviano – che rispetto per il coraggio e a cui va la mia solidarietà – è di aver reso in maniera sistematica degli argomenti peraltro noti. Non è certo la scabrosità della materia a giustificare il fenomeno Saviano, libri analoghi sono stati scritti sui “sistemi” mafiosi senza ottenere la medesima risonanza. Allora, il fulcro è questo: cosa deve fare oggi uno scrittore per trovare la via del riconoscimento e dell’affermazione? Mi spiego. Guardiamo a un altro caso del nostro tempo: Camilleri. Quasi tutti i romanzi di Montalbano li aveva scritti venti-trent’anni fa, eppure il fenomeno del vecchio giallista dal marcato accento siculo e la voce rotta dal fumo è scoppiato negli ultimi anni. E Camilleri non era un impiegato alle poste che sogna di cambiare vita. Camilleri è stato un alto funzionario RAI, insomma, uno che contava. Altro caso emblematico: Umberto Eco. Ora, tanto di cappello per la vastissima erudizione del cattedratico, ma ditemi voi se uno come Umberto Eco possiamo pensare di accostarlo a gente del calibro di Silone, Primo Levi, Pasolini, Alvaro, Gadda… Per favore, siamo seri! Allora, qui non è questione di canoni, classificazioni, correnti, scuole di pensiero che non ci sono più o di scrittura creativa che spuntano come funghi – della serie: inizia a sborsare, poi si vedrà… Qui si tratta di prendere atto di una realtà amara quanto volete ma con cui non possiamo fare a meno di misurarci: la realtà dell’utile. Ciò che interessa oggi di uno scrittore affermato non è tanto quello che dice o scrive. Sono ben altri i modelli imposti dal potere. Quanti ragazzi e ragazze vorrebbero diventare tronisti e veline? Quanti sognano di vivere una vita alla Hemingway o alla Jack London? Ciò che interessa oggi di uno scrittore affermato è come sia riuscito a trovare la formula del successo. In altre parole, come sia riuscito a trovare un editore e convincerlo che gli avrebbe fatto guadagnare una barca di soldi.

    Pasquale

  2. “Nelle Postille al Nome della Rosa (cfr. la nota 3 in calce a questo testo), Umberto Eco diede una definizione del postmodernismo divenuta celeberrima.
    Paragonò l’autore postmoderno a un amante che vorrebbe dire all’amata: “Ti amo disperatamente”, ma sa di non poterlo dire perché è una frase da romanzo rosa, da libro di Liala, e allora enuncia: “Come direbbe Liala, ti amo disperatamente.”
    Negli anni successivi, l’abuso di quest’atteggiamento portò a una
    stagflazione della parola e a una sovrabbondanza di “meta-fiction”: raccontare del proprio raccontare per non dover raccontare d’altro.
    Oggi la via d’uscita è sostituire la premessa e spostare l’accento su quel che importa davvero: “Nonostante Liala, ti amo disperatamente”. Il cliché è evocato e subito messo da parte, la dichiarazione d’amore inizia a ricaricarsi di senso.”

    Ecco, per esempio, il Wu Ming non è un tritatore, ha bisogno del distinguo “nonostante”. Dico, ha bisogno di una zeppa, per farsi alto. Esce fuori il petto, dopo aver esplicitato le generalità, bah!

    A me questa roba mi blocca la digestione; comprendo che l’affondo buio è da ragazzetto dotto ed entusiasta, che si prende sul serio, molto, e molto crede alle sonore iperboli con le quali investe il lettore, ma boccheggio.

    Un altro esempio:”Come lo sguardo senza soggetto descritto da Genna, dobbiamo penetrare gli strati uno dopo l’altro, fino a toccare la bomba.” (pag 13, colonna di destra). Ahò, bombaroli!
    Fluida e interessante la pag. 14, quando finalmente l’autore ha smesso con la menata, per giunta volatile e poco infissa, del NIE.

    E che altro dire, buona Serie A!

    Per il resto, caro Pasquale, credo che, a prescindere da riconoscimento e affermazione, primieramente sia necessaria quella che chiami “via”.

    Eco è prodotto e padre di una generazione sazia e distante, eminentemente grigia, materia.
    Noi già siamo ai figli, ai nipoti! 😉

    Per dire cosa: per dire che l’interesse si rivolge alla rappresentazione, alla formula del successo. E’ una via, chissà se supportata dall'”allegoritmo” di wuminchiana memoria…

    Saluti,
    arendo.

    P.S. Corvo, che è ‘sta storia che ti eri proposto al collettivo Wu Ming, come loro poeta di corte? :-DD

  3. > P.S. Corvo, che è ’sta storia che ti eri proposto al collettivo Wu Ming, come loro poeta di corte? :-DD

    avevo proposto te… nel blog della Lipperini ci trovammo a discutere due anni e mezzo fa di “orecchio assoluto”, http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2005/12/15/pericolo-giallo-biondillo-versus-cucchi/ … e scrissi in privato a Bui per dirgli di prendersi un poeta, uno qualunque, visto che lui e i suoi accoliti scrivevano malissimo, da quel punto di vista; il Bui, permaloso qual e’, la prese per una richiesta di assunzione. E s’e’ visto come e’ finito: scrive ancora male, probabilmente perche’ pensa male. 😀

  4. Be’, saresti andato a fare il wu minc 0, o meglio: wu minc 00, come “the chief” robert parish: http://www.celtic-nation.com/rivalries/si_covers/robert_parish/1991_03_11.jpg

    e a proposito di mericani… finale celtics-lakers dopo 20 anni e unico coro: BEAT LA! BEAT LA! il numero 00 ti e’ rimasto uguale in nab, io sono larry bird (uccello) e gianluca fa kevin mchale…. nell’edizione 2008 tu sei garnett, io pierce e gianluca allen, ma il coro e’ lo stesso: BEAT LA! BEAT LA! se vuoi ti assumo alle poste!

  5. Il resto dei Celtics e’ senza nome, come i wu minc; infatti si chiamano: Boston 1, Boston 2, Boston 3, Boston 4 e Boston 5, giocano mascherati e ne combinano di cotte e di crude. Il nono uomo in roster lo facciamo fare a Pasquale, magari proprio Rondo. Bella squadra, eh? 😀

    Ma quelli sono i nomi in NIEse… adesso diamo a beneficio di Bui la versione RIE (real italian epic) degli stessi… Bui prendi nota, e’ gratis! Direttamente dalla terra del premio nobel 1926, con contaminazioni milanesi: Satere, Mannago, Soponnino, Osomana, Garraro, Onnuru, Vurruru, Pasquale (era Franco) e Patagaio.

  6. la mascotte la facciamo fare alla tipa che ha commentato consigliandomi di essere meno autarchico e di muovermi almeno verso la svizzera, ogni tanto; che elementi… -_____-

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